L’agonismo nell’Antico Egitto – 2

Stele di Karnak: Amenhothep II scaglia le frecce attraverso il lingotto di rame

Stele di Karnak: Amenhothep II scaglia le frecce attraverso il lingotto di rame

 
Una civiltà di atleti

Prima di proseguire con il discorso principale e affrontare altri aspetti della pratica agonistica nella società egizia, è sicuramente opportuna, oltre che curiosa, una digressione attorno alla figura centrale e universalmente nota di quella civiltà: il Faraone.

Anche se non classificabile strictu sensu come momento agonistico, potrebbe infatti quasi considerarsi un tratto caratteristico della monarchia egizia la costanza con cui gli stessi sovrani si dedicarono all’esercizio fisico. Risultano così tutt’altro che rare le rappresentazioni di faraoni impegnati in varie discipline, in cui spesso per giunta eccellevano, tanto che alcuni di essi, specie durante Nuovo Regno, possono essere considerati veri e propri atleti.

È noto come Amenothep II, settimo sovrano della XVIII Dinastia (1424-1398 a.C. circa) andasse fiero della propria abilità come arciere, podista, rematore e conoscitore di cavalli. Non lontano dal lato di Nord Est della Sfinge è ad esempio stata ritrovata una stele, conosciuta come Stele del Tiro con l’Arco, contenente un testo elogiativo del Faraone, in cui si legge che «[…] padroneggiava l’equitazione e non c’era alcuno pari a lui […] Il suo arco non poteva essere piegato da nessuno e nessuno poteva raggiungerlo nelle corse».

Il sarcofago di Amenhothep II (BM, Department of Egyptian Antiquites)

Il sarcofago di Amenhothep II (©BM, Department of Egyptian Antiquites)

 

Amenothep visse nella regione menfita, e sin da giovane entrò in contatto con i puledri, addestrando i destrieri del padre Thutmosis III. Governante deciso e dotato di un’eminente personalità, non esitò a impegnarsi in gesta agonistiche poi tramandate per tutta la lunghissima storia egizia, e giunte sino ai nostri giorni attraverso i millenni.

Una delle imprese più note di Amenothep fu quella di scagliare numerose frecce attraverso una piastra di rame, guidando un carro con le redini legate intorno alla vita. Atto che colpì tanto l’immaginazione dei contemporanei da essere registrato in numerose fonti, tra cui una stele ritrovata a Karnak, alcune raffigurazioni pittoriche a Tebe e vari scarabei rituali rinvenuti nel Levante.

La dottoressa Sara Morris, storica dell’arte classica, ha addirittura avanzato l’ipotesi che il tiro al bersaglio del Faraone abbia costituito la base, centinaia di anni dopo, per l’episodio notissimo dell’Odissea in cui Ulisse scaglia una freccia attraverso le lame forate di dodici scuri piantate nel terreno. Un’ipotesi certo piuttosto azzardata, ma comunque non priva di un certo fascino.

Altra impresa attribuita ad Amenothep fu quella di aver maneggiato un remo di circa 30 piedi di lunghezza. Poiché un piede egizio misurava circa 28,8 cm, il remo in questione risulterebbe di 8,64 m, e il Faraone lo avrebbe adoperato, secondo i racconti, ad una velocità sei volte superiore alla norma, un po’ troppo anche per il Figlio di Ra.

Il che non esclude però che Amenothep II fosse davvero un ottimo rematore. Pur tenendo infatti presente l’ovvio carattere propagandistico delle iscrizioni, è giusto ricordare che la mummia di questo Faraone è la più massiccia fra quelle dei sovrani della sua dinastia, e dimostra una complessione fisica veramente straordinaria per i tempi. Oltre tutto, in una famiglia di atleti, come confermato dal fatto che il padre, il grande Tutmhosis III (1457-1424 a.C.), sia passato anch’egli alla storia come orgoglioso tiratore con l’arco e cacciatore.

Un altro esempio molto conosciuto è costituito due secoli dopo da Ramses II (1279 – 1213 a.C.), forse il più famoso e certamente uno dei più potenti faraoni. Il sovrano, come appare su un monumento universalmente familiare, l’obelisco di Piazza del Popolo a Roma, viene definito Signore delle Panegirie (Panegirie è  il termine greco usato da Erodoto in riferimento alle gare atletiche praticate in Egitto). In effetti Ramses fu educato alle discipline belliche sin dall’infanzia, e, come nel caso di Amenothep II, grazie ad un fisico poderoso (da giovane era alto 185 cm), conseguì risultati rimarchevoli. Imparò a cavalcare cavalli e cammelli e a guidare con estrema abilità un cocchio, divenendo un imbattibile combattente con la spada e, soprattutto, un tiratore d’eccellenza, capace di scagliare frecce con incredibile precisione.

Per completare poi il discorso sui sovrani egizi, occorre ricordare che qualsiasi sovrano (compresa la regina Hatshepsut, che regnò tra il 1479 e il 1457 a.C.) avesse la ventura di un lungo regno era obbligato ad effettuare almeno una corsa.

Contrariamente alla tradizione, Hatshepsut corse l’ Heb-Sed nel 16° anno di regno (Karnak, Cappella Rossa)

Contrariamente alla tradizione, Hatshepsut corse l’ Heb-Sed nel 16° anno di regno
(Karnak, Cappella Rossa)

 

Accadeva nel trentesimo anno di regno, e poi ogni tre anni, nelle cerimonie del Heb-Sed, ossia la Festa dell’Anniversario: una sorta di ringiovanimento simbolico del Faraone, durante il quale tutti i dignitari egizi dovevano solennemente riconoscere la sua supremazia.

Nell’ultima fase dei festeggiamenti, della durata di tre mesi, il re doveva compiere una corsa di tre giri attorno a due costruzioni rituali, vestito solo di un perizoma cui era appesa una coda di leone o di toro, a dimostrazione di una ritrovata vigoria.

Certo, siamo lontani dalla dimensione atletica, ma è la dimostrazione di quanto presso gli Egizi la valenza fisica fosse importante persino al livello semidivino del Faraone.

Le discipline atletiche

L’agonismo era comunque praticato sin dai tempi più antichi.

Le discipline atletiche, azioni istintive come la lotta, costituivano come è ovvio la parte più consistente della pratica sportiva. La corsa individuale o di gruppo, il salto in alto, il salto in lungo, il lancio del giavellotto  e il sollevamento pesi sono più o meno di frequente testimoniati in ciò che ci è pervenuto della Civiltà Egizia. Da un gran numero di affreschi tombali si possono infatti ricavare rappresentazioni, spesso molto vivaci e coinvolgenti, delle gare che si svolgevano nel regno.

Mancano purtroppo dati precisi su distanze e frequenza delle gare, ma dallo studio delle evidenze archeologiche sono comunque emersi molti elementi di un certo interesse. Si è ad esempio potuto appurare che, oltre ad edificare luoghi specifici dedicati all’agonismo, gli Egizi avevano stabilito una precisa regolamentazione delle varie discipline. Per il controllo sul corretto svolgimento delle gare, esisteva un arbitro neutrale, e talvolta venivano usate persino divise diverse per i partecipanti. Ai vincitori venivano assegnati collari sagomati in vari modi, ma si provvedeva in ogni caso a premiare anche i perdenti per aver partecipato con spirito sportivo.

Corsa - Tomba di Mereruke (Saqqara - VI Dinastia, 2250 a.C.)

Corsa – Tomba di Mereruke (Saqqara – VI Dinastia, 2250 a.C.)

 

La corsa fu la disciplina più diffusa, in quanto atto più naturale per l’uomo, e ci sono giunte numerose prove della sua popolarità.

Di una competizione possediamo addirittura la cronaca. Non molti anni fa, è stata infatti scoperta una stele che racconta una gara svolta tra elementi scelti dell’esercito nel sesto anno di regno del Faraone Taharqa (690-664 a.C.). La corsa partendo dal Palazzo Reale di Menfi, raggiunse l’oasi del Fayum, per poi tornare a Menfi. Lo stesso Faraone, dopo aver accompagnato i concorrenti col suo carro attraverso il deserto «compensò il primo arrivato con cibo e bevande, assieme alla sua guardia del corpo, e distribuì ogni sorta di doni a quelli che arrivarono dopo il primo».

Molto diffusi erano poi i salti, quello in lungo innanzitutto, che probabilmente non doveva avere regole molto dissimili da quelle che conosciamo riguardo la classicità ellenica.

Un discorso a parte va invece fatto per un’altra forma di salto che sicuramente trovò spazio sulle rive del Nilo: il salto in alto.

Gioco giovanile di salto in alto – Tomba di Mereruke (Saqqara - VI Dinastia, 2250 a.C.)

Gioco giovanile di salto in alto – Tomba di Mereruke (Saqqara – VI Dinastia, 2250 a.C.)

 

La disciplina fu di sicuro molto popolare, tanto da fornire ispirazione ad un gioco praticato sin dalla più giovane età. Ci è giunta in proposito una rappresentazione vivace e persino divertente, in cui due assistenti affrontati fungono da ostacolo umano al saltatore, assumendo una posa singolare e piuttosto difficile da mantenere. È infine interessante notare, poiché che i Greci non tennero in particolare conto il salto in alto, assente nei grandi Giochi ellenici, le raffigurazioni egizie rappresentano forse l’unica attestazione che ci sia pervenuta dall’antichità.

Mentre stranamente pare ignorato il lancio del disco, siamo a conoscenza che già in tempi molto antichi si svolsero a Menfi gare di lancio del giavellotto, una disciplina atletica strettamente legata all’ambito bellico e alla caccia, che resterà poi in auge per tutta l’antichità classica ed oltre.

Tiro del giavellotto - Affresco da una tomba egizia

Tiro del giavellotto – Affresco da una tomba egizia

 

È comunque difficile stabilire dalle rappresentazioni che ci sono pervenute quale fossero la tecnica di lancio e la modalità delle gare. Non è chiara neanche la misura dei giavellotti che venivano usati: in proposito sono state formulate varie ipotesi, ma nessuna decisiva. Il giavellotto egizio non aveva infatti misure fisse, e ad esempio quello usato per la caccia variava a seconda della selvaggina cui era destinato.

A conclusione di questa parte dedicata alle gare atletiche, è necessario un accenno ad una disciplina che oggi fa parte (assieme alla lotta di cui abbiamo parlato in precedenza) del gruppo dell’atletica pesante: il sollevamento pesi.

Questa forma di agonismo fu sicuramente praticata sin dai tempi del Medio Regno. A Beni-Hasan un affresco raffigura infatti alcuni sollevatori, che si affrontano adoperando sacchi di sabbia come pesi. Un sistema in verità piuttosto semplice, che sembra però non essere stato l’unico in uso. Taluni studiosi fanno risalire all’Egitto Antico addirittura  l’origine dell’attuale Kettlebell, ossia il peso tondeggiante munito di maniglia per il sollevamento.

Sollevamento pesi - Tomba di Paket (Beni-Hasan - XI dinastia, circa 2000 a.C.)

Sollevamento pesi – Tomba di Paket (Beni-Hasan – XI dinastia, circa 2000 a.C.)

 

 

Già da quanto esposto sinora con queste brevi panoramiche su lotta e attività atletiche, appare chiaro come la Civiltà Egizia sia stata, forse in maniera piuttosto sorprendente rispetto a quanto  di comune acquisizione, molto legata alla disciplina del fisico e all’agonismo in generale. Non si esaurisce però certo qui il quadro complessivo. Molti altri momenti di competizione trovarono sviluppo e favore nella plurimillenaria civiltà del Nilo: su di essi avremo modo di soffermarci in un prossimo esame.

Danilo Francescano
© Riproduzione Riservata

 

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