La monetina di Alemão
E il Napoli aggancia il Milan a tavolino
Se esiste un anno giubilare nel calcio italiano non può essere che il 1990. E per una volta Roma non c’entra. Perché, se è vero che la finale dei Mondiali tra Argentina e Germania si disputò all’Olimpico, la capitale del pallone quell’anno fu indiscutibilmente Napoli. Lì gli azzurri di Azeglio Vicini furono beffati ai rigori in semifinale da Maradona e compagni, esattamente due mesi dopo che gli azzurri di Albertino Bigon ebbero festeggiato il secondo scudetto della società partenopea. Vinto ufficialmente il 29 aprile, di fatto l’8: per l’appunto, la Domenica delle Palme.
Quel giorno il Napoli, che in classifica insegue il Milan a un punto, è impegnato nell’insidiosa trasferta di Bergamo contro l’Atalanta, mentre in contemporanea i rossoneri tentano di espugnare il Dall’Ara di Bologna. Il duello tra le due squadre, appendice del testa-a-testa dello scudetto 1987-88, conquistato da un Milan in rampa di lancio verso i successi dell’era di Arrigo Sacchi, continua da diverse giornate. Tramontata l’Inter di Giovanni Trapattoni, la fuga iniziale del Napoli si è arrestata nel girone di ritorno di fronte a un Diavolo incontenibile, che mentre macina vittorie in Europa trova il tempo di imporre ai partenopei un 3-0 casalingo con cui – complice lo stop dei rivali contro i “cugini” nerazzurri – sigla il provvisorio sorpasso.
E’ il Milan di Franco Baresi e del trio olandese contro il Napoli di Dio Diego e dei brasiliani. Careca e Alemão. Il più grande attaccante del calcio partenopeo, secondo la definizione del Presidente Corrado Ferlaino, e il centrocampista biondo di Lavras, solido, affidabile ma meno appariscente. Almeno fino al 77’ della gara contro i bergamaschi.
La gara “in giallo”
Il Napoli, in tenuta rossa, sfida un’Atalanta che, reduce dall’umiliante 7-2 subito a San Siro dall’Inter, cerca il riscatto davanti al pubblico amico. Gli uomini di Emiliano Mondonico non concedono nulla ai papabili campioni d’Italia, anzi nel primo tempo Maradona è braccato da Renzo Contratto, mentre i nerazzurri osano aggredire la metà campo avversaria, seppur con poca lucidità sotto-porta. Nella ripresa, il Napoli tenta di farsi avanti, ma paga l’assenza di Luca Fusi e Careca, non riuscendo a capitalizzare le poche occasioni create. La partita si trascina stancamente sullo 0-0 fino al 32’ del secondo tempo, quando parte dalla curva atalantina un lancio di oggetti contro i “terroni” partenopei. Una monetina da 100 lire rimbalza sulla testa di Alemão: è il momento topico dell’incontro. Caotico non meno che drammatico.
Il brasiliano si tocca il capo con la mano destra, viene soccorso dal massaggiatore sociale Salvatore Carmando e si accascia per terra. Bigon lo sostituisce con Zola, per permettergli di essere ricoverato al reparto neurologico dell’ospedale di Bergamo, dove gli viene riscontrato un lieve trauma cranico. Lo terranno sotto osservazione per 24 ore.
Ma il mondo del calcio si disinteressa delle condizioni di salute del giocatore, apparse da subito non allarmanti, e, lungi dal considerare l’accaduto un episodio antisportivo a prescindere dalle conseguenze sulla classifica, soffia piuttosto sul fuoco delle polemiche: Alemão diventa il “caso Alemão” o, più ancora, il “giallo Alemão”.
Il regolamento parla chiaro: le società sono responsabili delle proprie tifoserie e il lancio di oggetti in campo è punito con la sconfitta a tavolino della squadra che le rappresenta. Per il Napoli è l’occasione di trasformare il pareggio fischiato da Luigi Agnolin pochi minuti dopo l’uscita del brasiliano, in vittoria. Occasione ghiottissima, considerando che anche il Milan a Bologna non è andato al di là dello 0-0, peraltro con il discutibile gol fantasma subito da Lorenzo Marronaro che ha sorpreso Andrea Pazzagli oltre la linea di porta. In un’epoca in cui il segno X equivale a un punto e la vittoria a due, i partenopei non si lasciano sfuggire l’ultima opportunità di agganciare in vetta i rossoneri. Sporgono reclamo ed è bufera.
In Italia scatta l’atavica diatriba tra innocentisti e colpevolisti: Alemão si è fatto male sul serio o è stata una pantomima? Possibile che una monetina possa essere più pericolosa del petardo che ha colpito – ma non fermato – il milanista Carlo Ancelotti in Coppa Italia contro la Juve? Ed è vero o no che il massaggiatore Carmando ha convinto il centrocampista a smettere di giocare invitandolo a buttarsi per terra?
Mentre il dibattito incendia l’atmosfera nei bar-sport, esacerbando un clima di sospetti e veleni, la vera partita approda sul tavolo del Giudice Sportivo, che non ha dubbi: 2-0 per il Napoli a tavolino.
Inutile il ricorso dell’Atalanta prima alla Disciplinare, poi al CAF. Il 21 aprile il verdetto viene confermato. È la vigilia della penultima giornata di campionato e, dopo il turno interlocutorio che ha decretato le vittorie di Milan e Napoli rispettivamente contro Sampdoria e Bari, le due contendenti, ormai appaiate in cima alla classifica, si preparano a una nuova sfida a distanza in trasferta: i rossoneri a Verona, gli azzurri a Bologna.
Lo scudetto avvelenato
Gli uomini di Bigon passano subito in vantaggio con Careca e in 15 minuti portano il risultato sul 3-0 grazie ai gol di Maradona e Giovanni Francini, prima di subire la rete di Marco De Marchi. Anche il Milan al Bentegodi rompe gli indugi: al 39’ una punizione di Marco Simone sblocca la partita. Si va all’intervallo con l’ago della bilancia ancora fermo, ma nella ripresa accade l’imprevedibile. Due falli pesanti su Daniele Massaro e Marco Van Basten non fischiati dal direttore di gara Rosario Lo Bello fanno saltare i nervi a Sacchi, espulso. Lo seguono negli spogliatoi anche Frank Rijkaard, Alessandro Costacurta e Van Basten, esasperati da un arbitraggio che considerano a senso unico. Finisce 2-1 per il Verona, mentre il Napoli può festeggiare la sua Domenica di Pasqua con i due punti del 4-2 messo a segno nel finale proprio da Alemão, grazie ai quali stacca il Diavolo e ipoteca il suo secondo titolo nazionale. Così, una settimana dopo, la città partenopea osanna i suoi eroi, che si laureano campioni d’Italia al San Paolo contro la Lazio.
Dal canto suo, pur nella convinzione di essere vittima di una frode sportiva, archiviata ogni velleità di primato in Italia il Milan si consola dirottando tutte le sue energie sulla Coppa dei Campioni, e il 23 maggio bissa la straordinaria impresa dell’anno prima contro lo Steaua Bucarest battendo in finale il Benfica di Eriksson con l’1-0 firmato da Rijkaard, dopo aver sconfitto anche Real Madrid e Bayern Monaco.
Tutto passato, dunque? Neanche per sogno! Al Prater di Vienna, mentre va in scena la partita più attesa, dalla curva rossonera spunta uno striscione che rimanda inequivocabilmente all’indigesta monetina di Alemão: “Napoli, vuoi la finale? 800 Lire ti costa in totale”. Sfottò a parte, nessun dubbio: se a Bergamo peccato fu, a Milano non trovò assoluzione.
Graziana Urso
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Un grazie all’autrice per questo ricordo che, a distanza di anni e stemperate le polemiche, strappa un sorriso anche a chi allora si sentì defraudato
Beh, il tempo insegna a guardare le cose da un’altra prospettiva… Comunque sia andata, erano anni in cui il campionato italiano appassionava più per le prodezze dei suoi fuoriclasse che per le polemiche sugli arbitraggi. Grandi squadre, grandi sfide. Grazie! (G.U.)
Salve mi chiamo Matteo di Roma, 51 anni, tifosissimo del Milan. Ho vissuto in pieno gli anni della serie B (2 volte) e della resurrezione del Milan, grazie al calcio di Sacchi. ottimo articolo che descrive benissimo l’atmosfera di quei tempi e di quel calcio che purtroppo è finito da tempo, quando andare in trasferta non costava una tombola come adesso , così come i biglietti d’ingresso agli stadi.
Mi ricordo benissimo dello striscione di cui parla la giornalista in quanto noi della “sezione di Roma” ne decidemmo tutto, cioè cosa scrivere e le dimensioni enormi dello stesso. Lo portammo finoa Vienna e lo facemmo entrare allo stadio senza problemi, poi chiedemmo alla Polizia di farci entrare in campo per poterlo attaccare proprio nella tribuna centrale di fronte alle telecamere di tutto il mondo.
Tutto qua; provo molta nostalgia per quei tempi e quelle domeniche di calcio….uguale per tutti.
Matteo
Matteo, la tua è una bellissima testimonianza di un calcio che era anche ironia e creatività sugli spalti. Complimenti per l’originale trovata! Grazie di averci raccontato il dietro le quinte di una storia che avete scritto anche tu e i tuoi amici. (La Redazione)
P.S. Se hai foto di quella straordinaria trasferta non esitare a condividerle con noi.
Sono il tifoso atalantino che lanciò la monetina , ma sono ancora perseguibile di reato? Chiedo perdono ai milanisti.