Arianna Fontana
La biondina dei record
Li vedi girare come moderni cavalieri in una giostra bianca. Veloci come leopardi del ghiaccio.
Che del leopardo a ben vedere hanno persino le movenze, e l’armonia innata di una corsa dal procedere elegante e dalle gestualità aggraziate. Scivolano sulle loro lunghe lame d’acciaio, che nelle curve strettissime si inclinano allo spasimo e paiono lamentarsi stridendo sul ghiaccio. Giocano in destrezza. Si confrontano in abilità per conquistare la posizione migliore. Quella che può dare la vittoria.
La determinazione di chi scommette tutto su qualche attimo febbrile. Stille d’energia scavate fuori dalle riserve più riposte. 111,12 metri frenetici di adrenalina, cerchio conchiuso in spettacolarità da brivido. Che ti avvincono, e ti costringono ad arrestare il respiro mentre cerchi di trattenerne ogni immagine.
Sport giovane, lo Short Track. Perché dei giovani ha l’esplosività, dei giovani ha il coraggio, dei giovani ha l’entusiasmo. Sport giovane perché solo dal 1992 è nel programma olimpico, ancorché le sue origini affondino negli anni. Mica poco, tra l’altro: al 1910, che avevano appena ammazzato Geronimo, e ci si spaventava per la cometa di Halley.
E l’Italia, l’Italietta sportiva metà plebea e metà regale, con lo Short Track ha imparato ad amoreggiarci sin dalla fiaba a cinque cerchi raccontata a Lillehammer. Figurarsi, un oro con gli uomini in staffetta, e subito l’argento di Mirko Vuillermin. L’altro argento otto anni dopo a Lake Placid, e il bronzo proprio in casa nostra, a Torino. Benedette staffette. Maschi o ragazze cambia poco o nulla: in America e sotto la Mole è sempre Italia che accende, Italia che vince.
E poi… E poi, Arianna Fontana. Arianna, bionda, minuta e gentile pattinatrice nata a Sondrio ventitré anni fa, eppure già con tanta esperienza e tantissime medaglie, europee, iridate e olimpiche. Che sul podio di Olimpia ci è salita con le amiche e anche da sola, ed erano passati quattro anni, quel giorno a Vancouver. Che a Soči vuole farci sognare.
Arianna è a Soči, ora, e dalla sede olimpica ci parla di sé, della sua avventura sportiva, delle sue ambizioni. Racconta dello Short Track, di questo mondo che pochi di noi possono dire di conoscere davvero.
«Beh, i numeri dello Short Track in Italia non sono certo paragonabili a quelli di altri paesi come Cina, Corea e USA. Non godiamo ahimè di una grossa visibilità mediatica e proprio per questo dobbiamo sfruttare al meglio le occasioni come le Olimpiadi per farci conoscere di più. In Italia comunque non mancano luoghi per l’allenamento. Ci sono molti palazzetti del ghiaccio: Courmayeur, Cortina, Torino che sono impianti molto moderni e perfettamente attrezzati».
In ogni caso, viene da chiedersi quanto sia difficile, per una giovane donna come Arianna, praticare questo sport. Insomma, come si possa conciliare la vita di ogni giorno con un allenamento che necessariamente deve essere metodico e faticoso…
«Sicuramente non è la cosa più facile del mondo. Bisogna allenarsi duramente e anche la vita di tutti i giorni richiede una buona dose di disciplina. Mi alleno quasi tutto il giorno, entro la mattina alle 8.00 e esco la sera alle 19.00. Gran parte dell’anno mi alleno a Courmayeur».
Arianna Fontana ha saputo guadagnarsi un posto nel cuore di molti sportivi. È la ragazza dei record degli sport invernali, e forse degli sport italiani tout court. A 16 anni ha conquistato un bronzo olimpico a Torino 2006 con la staffetta, divenendo la più giovane medagliata della storia olimpica nazionale (e, per inciso, la centesima medaglia olimpica invernale). Poi nel 2010 in Canada è stata la prima atleta italiana dello Short a salire sul podio da sola. Risultati decisamente importanti. Risultati che magari hanno cambiato il rapporto di Arianna con lo sport, forse responsabilizzandola, forse facendole fare a livello psicologico il famoso salto di qualità. Che ha di mostrato chiaramente di aver compiuto conquistando la Coppa del Mondo assoluta nel 2012, oltre alla Coppa del Mondo dei 500 m.
«Dopo Vancouver ho capito che potevo dare a questo sport molto di più, così ho lavorato duramente in questi anni portando a casa delle belle soddisfazioni. È stato tutto un crescendo, direi ».
Ma come si arriva a praticare uno sport così duro come lo Short Track, insomma, come è stato che Arianna Fontana ha indossato i pattini?
«Come molte cose, anche questa è cominciata come un gioco. Da piccolissima guardavo mio fratello anche lui molto piccolo pattinare le prime volte, e volevo farlo anch’io. Ho messo i pattini la prima volta a 4 anni, e da quel momento è stato sempre più difficile togliermeli».
Soči potrebbe rappresentare la svolta definitiva della carriera, potrebbe costituire il momento della vera e definitiva consacrazione…
«Spero di arrivare al massimo della forma sia fisica che mentale. Cercherò di centrare la finale in tutte le distanze e con la staffetta, dopo di che me la giocherò per una medaglia».
Saranno ben dieci gli atleti che comporranno la spedizione olimpica di Short Track. Una squadra completa, con la qualifica anche delle due staffette. A dimostrazione di una disciplina in salute e in crescita, di un movimento che riesce a produrre risultati concreti e collettivi. Arianna crede nelle possibilità dei nostri ragazzi e non pone limiti alle speranze azzurre.
«Credo che entrambe le squadre, sia maschile che femminile, abbiano raggiunto un buon livello generale, che ci potrebbe consentire di arrivare a giocarcela per le medaglie. Ci sono atleti che sono cresciuti moltissimo in questi ultimi anni. Nello Short Track l’esito di una gara non è mai scontato, quindi di possibilità di podio ce ne sono per i miei compagni, eccome! »
La pattinatrice di Sondrio è stata chiamata a far parte (assieme al leggendario Armin Zöggeler, a Christof Innerhofer, oro nel SuperG ai mondiali di sci alpino 2011, a Omar Visintin, lo snowboarder terzo nella classifica finale di Coppa del Mondo 2012/2013, e a Melania Corradini, argento nel SuperG alle Paralimpiadi di Vancouver 2010) del Samsung Galaxi Team. Uno dei modi scelti dal CONI per avvicinare il pubblico agli sport olimpici invernali e sostenere la spedizione azzurra a Soči. Un ruolo ufficiale piuttosto impegnativo, che presuppone un rapporto di continua collaborazione con gli altri componenti, una specie di squadra trasversale…
«Fare parte del Team Samsung mi riempie d’orgoglio, è un ruolo che ti aggiunge un po’ di responsabilità, ma ti carica allo stesso tempo. Sono in buoni rapporti con gli altri quattro, anche se non abbiamo avuto molte opportunità di conoscerci ancor più, e questo per gli impegni sportivi di ciascuno di noi. Sicuramente però a Soči avremo più tempo e sarà bello fare squadra…»
Se in conclusione si chiede ad Arianna di parlare di sé stessa al di fuori dello sport, ne esce un ritratto coerente con l’atleta seria, modesta e corretta che ha sempre dimostrato di essere. Un ritratto a tinte acquerellate, senza sbavature né forzature inopportune.
«Sono una giovane donna che magari può risultare anche un pochino timida. Adoro viaggiare, scoprire nuovi posti e in particolare adoro il mare. Come ogni donna sogno una persona che mi stia accanto tutta la vita e con la quale metter su famiglia. Mi pare che sotto questo aspetto siamo a buon punto!»
Anthony Lobello, il suo futuro marito, nazionale americano anch’egli a Soči, sarà sicuramente d’accordo.
Danilo Francescano
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(intervista raccolta nel mese di gennaio 2014)
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