Bert Trautmann

Bert Trautman (© MCFC)

Bert Trautmann (© MCFC)

 

Dalla “Luftwaffe” a Wembley

L’ultima mezzora della finale della FA Cup, andata in scena a Wembley il 5 maggio 1956, fu a dir poco memorabile. Il Manchester City e il Birmingham City erano sull’1-1, nonostante un primo tempo che aveva visto un’evidente supremazia dei Blues. Dopo il pareggio di Noel Kinsley – che aveva risposto a un gol-lampo di Joe Hayes, per i Citizens – al Birmingham City, costantemente in attacco, erano anche state annullate due reti di Eddy Brown, entrambe per fuorigioco.
Al rientro in campo, però, i biancoazzurri (schieratisi, per l’occasione, con una tenuta a strisce verticali bianche e bordeaux) avevano fatto capire ai rivali (quel giorno in maglia bianca) che non avrebbero perso il trofeo per la seconda volta di fila. L’amarezza dell’anno prima, quando si erano dovuti inchinare in finale al Newcastle United, non era infatti ancora svanita. Senza contare che la First Division di quell’anno, ormai agli sgoccioli, non solo era ormai praticamente perduta ma, come se non bastasse, vedeva in testa, irraggiungibili, gli odiati cugini-rivali dello United. La vittoria in FA Cup diventava dunque un obbligo per gli uomini allenati da Les McDowall.

il gol della vittoria dei Citizens (© MCFC)

il gol della vittoria dei Citizens (© MCFC)

 

La determinazione del Manchester City dette presto i suoi frutti: dopo uno scambio in area con Bobby Johnstone, Jack Dyson ruppe l’equilibrio, scaraventando il pallone in rete. Era da poco passato il quarto d’ora del secondo tempo e il 2-1 sembrò scuotere i Blues che parevano essersi dimenticati quanto di buono avevano fatto nella prima frazione. Alla ripresa del gioco Brown si produsse così in un’irresistibile fuga sulla sinistra, vanamente inseguito dal suo marcatore. L’attaccante entrò in area, si spostò al centro ma, proprio all’ultimo momento, fu anticipato da un’uscita di Bert Trautmann che, con un’ottima scelta di tempo, evitò l’immediato pareggio.

Un incredibile quarto d’ora

Nessuno poteva saperlo, ma quella parata segnò l’inizio di un pomeriggio che il portierone tedesco non avrebbe più dimenticato. La rimessa successiva si trasformò, infatti, in un formidabile, quanto inaspettato assist. Il lancio sembrava non finire mai: il pallone scavalcò il centrocampo, passò sopra le teste dei difensori avversari, rimbalzò una, due, tre volte, rotolando infine nell’area dei rivali. Fu facile, per lo scozzese Johnstone giunto dalle retrovie a tutta velocità, infilare l’incolpevole Gil Merrick con un diagonale secco e preciso.
In soli due minuti – dal 62’ al 64’ – il Manchester City aveva così messo una seria ipoteca sulla vittoria finale. I rivali, tuttavia, lungi dall’accettare quel verdetto che lasciava loro l’amaro in bocca, non si arresero. Del resto si sa come sono le squadre britanniche: mai dome, sempre avanti, nella convinzione che finché c’è tempo c’é speranza.
Sostenuti dal tifo dei moltissimi sostenitori arrivati fin lì, gli uomini allenati da Arthur Turner si riversarono allora in massa verso l’area avversaria. Le azioni del Birmingham City si fecero martellanti, tanto da non lasciare respiro ai Citizens che, pur sotto assedio, riuscirono tuttavia a difendersi senza correre eccessivi pericoli.

il momento dell'impatto

il momento dell’impatto

 

Poi il momento decisivo: a 17 minuti alla fine Alex Govan, da sinistra, crossò verso l’area un pallone per Brown. Il centravanti del Birmingham, altruisticamente, girò di testa per Peter Murphy che, un attimo prima di appoggiare in rete, venne anticipato da Trautmann con una delle sue solite uscite. Questa volta, però, qualcosa andò storto: forse l’estremo difensore scelse male il tempo, o forse il numero 10 in maglia bianca non riuscì a frenare in tempo la sua corsa… fatto sta che ci fu un terribile impatto tra il ginocchio dell’attaccante e la testa del portiere. Trautmann crollò a terra, privo di sensi, soccorso da compagni e sanitari. Solo dopo diversi minuti il tedesco si rimise in piedi, seppur dolorante al collo, scongiurando il rischio, per i biancoazzurri, di finire la partita in dieci (all’epoca, infatti, non erano previste sostituzioni).
L’ovazione che i fans dei Citizens tributarono a Bert non fu dettata solo dal sollievo, ma anche dall’affetto che nutrivano per il loro portiere. Il quale, ancora stordito, poco dopo li ripagò con un’altra uscita delle sue che negò al Birmingham City la possibilità di accorciare almeno le distanze. Poi, dopo il triplice fischio finale, il trionfo, i tifosi in delirio e la premiazione, durante la quale Trautmann confidò al principe Filippo, che gli chiedeva come stesse, di avere solo un po’ di torcicollo.
Altro che torcicollo, aveva il biondo portiere! Una radiografia eseguita tre giorni dopo la finale rivelò addirittura una frattura a una vertebra cervicale. Bert era sopravvissuto solo perché una delle altre vertebre si era appoggiata su quella rotta mantenendola al suo posto. La circostanza fu resa pubblica e Bernhard Carl Trautmann, per tutti più semplicemente Bert, nato a Brema, in Germania, il 22 ottobre 1923, entrò, se possibile, ancora di più nel cuore dei tifosi dei Citizens.

Trautmann esce dal campo dolorante

Trautmann esce dal campo dolorante

 

Una vita rocambolesca

Già, ma cosa ci faceva un portiere tedesco a Wembley, in un’epoca in cui le squadre inglesi erano composte quasi esclusivamente da giocatori britannici? È una storia che merita di essere raccontata.
Appena diciassettenne Trautmann si era arruolato volontario come paracadutista nella Luftwaffe. La sua guerra fu una specie di corsa alla sopravvivenza: prima rimase sepolto tre giorni sotto le macerie di una scuola bombardata ad Arnhem, in Olanda, quindi restò miracolosamente illeso in seguito all’esplosione di una bomba a mano, poi sfuggì a un plotone d’esecuzione americano e, infine, si rese protagonista di rocambolesche evasioni dalle prigioni militari russe e francesi. Finché, nel 1945, fu definitivamente catturato dagli inglesi che lo deportarono ad Ashton, nel Lancashire. Qui, per passare il tempo, Bert si impegnò in lunghe partite di calcio fra prigionieri, prima come centrocampista, quindi, complice un infortunio, come portiere.
Fu una rivelazione: sembrava nato per stare in porta, il biondo giovanotto. Le sue grandi qualità – colpo d’occhio, coraggio, gran fisico e una predisposizione naturale per quel ruolo – non restarono inosservate. Se ne accorse, infatti, un secondino molto competente che, per arrotondare lo stipendio, faceva anche l’osservatore del Saint Helens Town. Nel 1948 la squadra biancorossa, militante in quarta divisione, offrì così a Trautmann un ingaggio povero, ma sufficiente per uscire dalla prigione e rimandare il suo ritorno in patria. Nel club del Merseyside, dove da sempre è il rugby a destare l’interesse della gente, il tedesco si mise subito in luce per la sua bravura, tanto da attirare immediatamente l’attenzione dei dirigenti del Manchester City che – contro ogni logica – decisero che quel ragazzone poteva essere il degno erede del mitico Frank Swift già a partire dalla stagione seguente.

Trautmann in allenamento (© MCFC)

Trautmann in allenamento (© MCFC)

 

La gioia di Bert per quell’insperato contratto da professionista durò poco. Il suo passato di soldato tedesco lo investì fin dal suo esordio contro il Bolton. Preceduto da una violenta campagna di stampa che chiedeva al governo di rimpatriare a forza il neoacquisto, già parà nazista, l’incontro fu caratterizzato dalle urla e dagli insulti che cinquantamila spettatori inferociti, con negli occhi e nella memoria ancora i terribili bombardamenti subiti a opera delle V2, riservarono a Trautmann. Il quale, avendone già passate tante nella sua pur giovane vita, sopportò stoicamente, convincendosi che quelle offese e quelle proteste fossero in realtà rivolte non tanto a lui, ma alla Germania.
Fece bene a resistere, il giocatore teutonico. Grazie al suo carattere e all’aiuto dei compagni, che vedevano in lui non solo un ottimo portiere, ma anche una persona riservata e leale, Trautmann si conquistò la fiducia di tutti, allenandosi con impegno e sfoderando ottime prestazioni in partita. I tifosi, da parte loro, impararono a considerarlo non più il nazista, il tedesco, il criminale, ma un giocatore che dimostrava, giorno dopo giorno, un sincero attaccamento alla maglia, proprio come se avesse avuto sangue inglese nelle vene. Con il tempo l’estremo difensore tedesco, che giocò nei Citizens fino al 1964, era diventato uno di loro e la prova definitiva la offrì proprio quel 5 maggio 1956 quando, anche con il collo rotto, volle rimanere eroicamente in campo a difendere il risultato.

una plastica parata di Bert

una plastica parata di Bert

 

Grazie alla sua bravura (fu giudicato da Lev Jašin, uno che se ne intendeva, tra i migliori portieri del mondo) e al suo coraggio, Bert Trautmann ricevette nel 2004 un’importante onoreficenza da parte della regina Elisabetta “per il suo contributo alla riconciliazione post-bellica tra inglesi e tedeschi”.
Tra le tante, quella, di sicuro, fu la sua parata più bella.

Marco Della Croce
© Riproduzione Riservata

 

, , , , , , , , , , , , No Comment

Leave a comment