Bernard Hinault e Greg LeMond
Patto col nemico
Se scopri un potenziale rivale più giovane e forse più forte, che cosa puoi fare per renderlo inoffensivo? Semplice, te lo fai amico e lo porti nella tua squadra. Fu questa la strategia adottata dal ciclista più forte dei primi anni Ottanta, il francese Bernard Hinault, noto anche come Le Blaireau – il Tasso – nei confronti dello statunitense Greg LeMond, il primo vero fuoriclasse della bicicletta proveniente dall’altro lato dell’Atlantico.
È il 1984 e Hinault arriva da un bruciante secondo posto al Tour di quello stesso anno. Bruciante per due ragioni: primo, a vincere è stato un connazionale, Laurent Fignon, che ai Campi Elisi ha dato a Le Blaireau oltre dieci minuti; secondo, a Hinault manca soltanto una vittoria al Tour per raggiungere quota cinque successi ed entrare nel gotha dei pentacampioni con Jacques Anquetil ed Eddy Merckx (Miguel Indurain si sarebbe aggiunto dieci anni dopo).
Per trionfare a Parigi nel 1985 serve una squadra formidabile e tanto denaro per metterla in piedi. L’occasione non tarda a presentarsi: un miliardario ex-cantante, forse anche gigolò, da navi da crociera di nome Bernard Tapie (passato poi alla storia come presidente dell’Olympique Marseille e i relativi scandali di corruzione susseguenti) ha il denaro e la smania di apparire adatti all’impresa. Trovato il proprietario, messo in piedi il team La Vie Claire e assunto il direttore sportivo, Paul Koechli, a Hinault manca un tassello fondamentale: un luogotenente fidato e talentuoso. Greg LeMond, appunto. Il ventiquattrenne si è già laureato campione del mondo una volta ed è salito sul podio del Tour nel 1984: un predestinato, insomma, e potenzialmente il rivale più pericoloso per il Tasso.
L’offerta è di quelle che non si possono rifiutare: correre sotto l’ala protettrice del corridore più carismatico – non a caso chiamato Le Patron all’interno del plotone – e più forte degli ultimi dieci anni. Con un ulteriore incentivo: diventare il primo ciclista della storia a infrangere la barriera dell’ingaggio milionario (parliamo di dollari)… Mica male, eh?
I patti sono chiari: LeMond aiuta Hinault nel 1985 e Hinault si metterà al servizio di LeMond l’anno successivo. Liscio come l’olio.
Un piano inesatto
I piani studiati a tavolino, però, talvolta si rivelano inesatti e accade così nella tappa pirenaica di Luz Ardiden del Tour del 1985 Hinault, in maglia gialla, vada in crisi mentre LeMond si trova alla testa della corsa a ruota dei rivali di classifica Stephen Roche e Pedro Delgado. «Voglio attaccare», dice LeMond. «Fai il bravo e aspetta Hinault che è dietro solo di pochi secondi», risponde Koechli in combutta con Tapie. La realtà, invece, dice che Le Blaireau è staccato di diversi minuti e ha le gambe che non girano. LeMond, però, se ne sta buono e Delgado vince la tappa con Hinault che riesce a tenere la maglia per portarla fino a Parigi, mentre uno sconsolato LeMond, giunto al traguardo e resosi conto dell’inganno, decide di continuare soltanto dietro la rassicurazione che l’anno dopo toccherà a lui.
L’avidità, però, gioca brutti scherzi, specialmente se di mezzo c’è un corridore che è puro istinto ed è troppo abituato a vincere per potersi accontentare di fare il gregario. Nella prima cronometro dell’edizione seguente Hinault è più veloce di LeMond – d’altra parte il francese è uno specialista – e tanto basta, secondo lui, per sentirsi libero da impegni nei confronti del compagno più giovane. A gettare benzina sul fuoco ci pensa Tapie, il quale dichiara che preferirebbe per motivi di marketing una sesta vittoria del Tasso.
Inoltre, la strategia di Koechli è quella – secondo lui vincente – di alimentare la rivalità lasciando Hinault libero di attaccare a suo piacimento. È qui che entrano in gioco le peculiarità caratteriali dei due contendenti: LeMond è onesto e leale, ma manca di quel pizzico di sfrontatezza che Hinault possiede invece in quantità. Con LeMond incredulo e una tensione che si taglia con il coltello nell’albergo in cui alloggia La Vie Claire, Hinault si prende la maglia gialla sui Pirenei e la indossa fino ai piedi delle Alpi. È solo a questo punto che LeMond, tanto frustrato quanto infuriato, rompe gli indugi, distaccando Hinault a Serre-Chevalier e vestendo la maglia di leader che ha inseguito da quando, ventenne, dagli USA si è trasferito in Europa per imparare a diventare fuoriclasse.
Il giorno dopo si arriva alla Montagna Sacra del Tour, l’Alpe d’Huez: su per i tornanti appare chiaro che i due giganti della bici non hanno rivali. Tapie gongola e orchestra un’abile mossa propagandistica: a 500 metri dal traguardo, con un vantaggio abissale sul resto del gruppo, LeMond affianca Hinault, abbracciandolo e sussurrandogli qualcosa. Sul traguardo i due arrivano mano nella mano, con Blaireau che varca la linea per primo e Greg sempre più in giallo: a te l’ultima vittoria di tappa al Tour della carriera e a me il primo successo a Parigi. Pace fatta e trionfo dell’amicizia – o perlomeno del rispetto reciproco – sulla rivalità… E invece, no.
Qualche minuto dopo, seduto a fianco a LeMond davanti alle telecamere della tv francese, Hinault ha la brillante idea di affermare che il Tour non è finito e può ancora succedere qualcosa. La faccia di LeMond all’ascoltare questa frase è tutta un programma.
Fino all’ultima tappa
Non sono soltanto le intenzioni del rivale a spaventare LeMond. Lo storico patron del Tour, Jacques Goddet, si avvicina all’americano dicendogli di fare attenzione a tutto: dal cibo che mangia, a chi glielo passa, all’acqua nella borraccia, a chi gli corre a fianco nel plotone: troppo forte è il carisma di Hinault nel gruppo, la maggioranza del quale vorrebbe che fosse il Tasso a trionfare a discapito del californiano.
Le ultime tappe sono un incubo per Greg: padre e moglie provvedono personalmente a passargli cibo e bevande nei pre- e dopo-gara. Di Hinault, infatti, non ci si può fidare e men che meno di Koechli, al quale interessa soltanto portare una maglia gialla targata La Vie Claire agli Champs Elysées. Che dell’Uno per tutti, tutti per uno si continui a parlare nei romanzi, questa è la cinica realtà! Al fianco di LeMond rimane fedele soltanto il compagno di squadra e connazionale Andy Hampsten, che non a caso chiuderà un buco generato da uno degli ultimi tentativi di attacco a sorpresa di Hinault.
Nella cronometro prima della passerella di Parigi, nonostante una caduta e la perdita di quasi un minuto, LeMond mantiene il primato. Il sogno del ragazzo nato in California si è avverato, ma sentirsi felici è un’altra cosa: «Può sembrare strano, ma quando arrivammo ai Campi Elisi la sensazione che provai fu di sollievo, non di gioia».
«Alla fine ha vinto lui e quindi ho mantenuto la mia parola», è la versione di Hinault. Visto a che cosa servono gli amici?
Daniele Canepa
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Hinault era soprannominato “Le Blaireau” che significa “Il Tasso”, non il Panda!…
Saluti
Ah, quando scappa Google Translator!