Maria Toorpakai
L’atleta che sfida i talebani
La chiamavano Changez Khan, perché aveva la tempra del guerriero tartaro Gengis Khan, ma quel nome conteneva un segreto. Un’identità inventata per liberare l’identità autentica. Maria Toorpakai Wazir, pakistana, top-player di squash in un paese in cui le donne non mostrano neanche il volto, è cresciuta fingendo di essere un uomo. Una storia che sembra uscita dalla penna di Tarah Ben Jelloun, lo scrittore marocchino che in Creatura di sabbia ha ritratto il personaggio di una bambina costretta a travestirsi da maschio, e che invece è diventata la ragione di una missione: generare dieci, cento, mille Maria.
Un padre controcorrente
Il Sud Waziristan, al confine tra Pakistan e Afghanistan, è terra di talebani. Qualcuno l’ha definito il posto più pericoloso del mondo; le ragazze non vanno a scuola e gli sport femminili sono considerati peccaminosi. È qui che Maria nasce nel 1990 da un capo tribù controcorrente, che sostiene le pari opportunità di genere. Istruzione, salute, indipendenza anche per le donne. Diritti negati dalla legge, che Shamsul Qayyum Wazir riconosce invece prima alla moglie, poi alle due figlie. Lascia loro la scelta di indossare o meno il burqa; poco importa che la comunità s’indigni e che la sua stessa famiglia d’origine lo rinneghi dichiarandolo pazzo. Solo dopo aver subito minacce di morte Shams abbandona con i propri cari il Sud Waziristan aprendo le porte della sua nuova casa ai libri.
Maria studia ma è insofferente. C’è un mondo là fuori che la incuriosisce almeno quanto le sure del Corano. Un bel giorno brucia i suoi abiti femminili, si taglia i capelli e indossa i vestiti del fratello: con i maschi può giocare alla guerra, correre, andare in bicicletta, cacciare, arrampicarsi sulle montagne. Quando la famiglia si trasferisce a Peshawar, Shams non sa come dire a Maria che anche lì in quanto ragazza non potrà vivere secondo i suoi desideri, tanto meno dedicarsi allo sport. Lei fa spallucce e inizia a praticare sollevamento pesi col nome maschile di Changez Khan. Vince sui ragazzi e nel campionato juniores nazionale si classifica seconda.
La passione per lo squash
Poi scopre lo squash, che in Pakistan è il secondo sport nazionale. Si entusiasma e decide: diventerà anche lei una campionessa, anzi, un campione. È ancora col suo nome di battaglia che s’iscrive all’Accademia di Peshawar, ma questa volta il bluff viene svelato: il direttore le chiede un certificato di nascita e lei è costretta ad ammettere di essere una ragazza.
Contro ogni previsione Maria viene ammessa ugualmente, ricevendo in premio una racchetta con l’autografo del leggendario campione di squash canadese Jonathon Power. È la prima donna a praticare squash a Peshawar e va incontro al disprezzo degli atleti uomini che batte, e del pubblico, che la insulta. Resiste. Tute di seconda mano, scarpe rotte. Non bastano a fermarla. Arriva ad allenarsi dieci ore al giorno. Suo padre la fa correre dietro a un carro e le ripete di non lasciarsi condizionare dalle opinioni dei suoi detrattori. Di più: la invita a sfidarli regalandole un grosso orecchino che Maria indossa durante un training a Karachi. Non ha più bisogno di nascondere la propria femminilità per essere se stessa: è grata e fiera di essere donna.
Forte di questa nuova consapevolezza, comincia a inanellare vittorie: a 16 anni vince il bronzo nel Campionato Mondiale juniores, è terza nel ranking mondiale Under 19 e tra i primi cento negli assoluti. Si accorge di lei il Presidente Pervez Musharraf, che le consegna un riconoscimento ufficiale; ma la notano anche i talebani, che la minacciano.
Resistenza e partenza
Il suo caso arriva in Parlamento e a Maria viene concessa la scorta. «All’inizio affrontai la situazione con coraggio – racconta – poi cominciai a pensare che sarei potuta essere la causa della morte di persone innocenti, così decisi di rinunciare alla scorta e allo squash». In realtà Maria per tre anni e mezzo continua ad allenarsi nel segreto della propria stanza, finché il fratello non la convince a uscire dal suo nuovo nascondiglio. I due scoprono un campo di squash abbandonato, lo puliscono, ne ridisegnano le linee e vi si allenano di notte. Intanto Maria manda email a società, scuole, accademie e università di tutto il mondo, chiedendo loro la chance di giocare. Le risponde Jonathon Power.
Oggi è lui il suo allenatore a Toronto, dove Maria vive e dove può giocare a squash senza subire minacce. Attualmente Maria Toorpakai è tra le prime cento giocatrici al mondo e ha al suo attivo tre tornei WSA (Women’s Squash Association). Ma la sua lotta per il diritto allo sport delle donne Pahstun continua attraverso la Only One Girl Foundation, che si pone l’obiettivo di promuovere la parità tra i sessi nei paesi musulmani. Il suo esempio ha già tracciato il cammino: ai Campionati asiatici di Hong Kong 2014 il contingente pakistano annoverava oltre a lei anche altre tre atlete pakistane, Muqaddas Ashraf, Sammer Anjum e Riffat Khan. «Siamo aquile – afferma Maria – e un’aquila non teme le montagne; è consapevole della propria forza e delle traiettorie che può descrivere nei cieli. Se la sua capacità di volare sfugge agli uomini, è solo per i limiti della loro vista».
Graziana Urso
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