Ray Ewry
Il salto della Rana Umana
Ha vinto più di chiunque altro, ma delle sue medaglie oggi nessuno serba memoria. Sono state consegnate all’oblio assieme alla disciplina che ne aveva consacrato la fama: il “salto da fermo”.
Un campione che fu in grado di abbattere tutte le barriere, eppure non di conquistare l’immortalità sportiva.
La vita di Ray Ewry si spezza in un prima e in un dopo, come se a viverla fossero state due persone diverse che in realtà ci raccontano la stessa storia.
Raymond Clarence Ewry, nato nel 1873 a Lafayette, nello stato dell’Indiana, non sembrava certo destinato a grandi imprese. Orfano di genitori, era un piccolo cerca famiglia che viveva un’infanzia segnata da calamità troppo grandi per la sua tenera età. Il piccolo Ewry non possedeva alcuna dote particolare, tranne un’insolita predisposizione per i colpi funesti del destino. Aveva soli undici anni quando un attacco di poliomielite rischiò di essergli fatale. Riuscì a sopravvivere, ma la diagnosi dei medici fu comunque spietata: non avrebbe mai più camminato.
Anni dopo troviamo un altro Raymond Clarence Ewry, in veste di atleta, che si prepara a disputare la sua prima Olimpiade. È il 10 luglio del 1900, il sole splende su Parigi, e uno sconosciuto ragazzo americano di ventisette anni sta per scrivere la storia sportiva. All’epoca si disputava ancora una specialità oggi eliminata dal programma dei Giochi Olimpici: i salti da fermo. Erano gli antenati dei nostri moderni salti in alto e in lungo, con la sola differenza che gli atleti erano chiamati a spiccare il balzo immediatamente, in piedi, senza prendere alcuna rincorsa. Oggi le performances di questi sportivi appaiono incredibili. L’esercizio richiedeva una grande potenza negli arti inferiori e una straordinaria capacità di elevazione. L’energia per effettuare il salto non veniva accumulata durante la rincorsa, ma spettava solo alla forza dell’atleta stesso. Il risultato consisteva in un movimento diretto verso l’alto che ricorda l’elasticità delle rane.
Al giovane Ewry tocca disputare tre gare nello stesso giorno: il salto in lungo da fermo, il salto triplo da fermo e, infine, il salto in alto da fermo. Le vincerà tutte, concludendo con il primato mondiale nel salto in alto di 1.65 metri.
Agli altri non lascerà neppure l’avanzo di una medaglia. Il solo che riuscirà a tenergli testa nell’ultima gara sarà il rivale Irving Baxter; ma persino lui è inevitabilmente destinato a soccombere, finendo alle spalle dell’uomo dei record.
Tre ori nello stesso giorno, tutti stretti nel pugno di un solo atleta.
Il risultato strabiliante manda in visibilio il pubblico francese che, dopo l’iniziale stupore, ormai non ha più parole per descrivere una simile impresa. Restano solo molteplici soprannomi che trasformano Ewry in un super uomo, perché le sue capacità sembrano non avere niente di umano: «il più grande saltatore sulla terra»; «l’uomo di gomma». Infine, i parigini si trovano tutti concordi nel ribattezzare Ray Ewry con il nome: «la Rana Umana».
Quest’uomo, oggi riconosciuto come il più grande interprete dei salti da fermo, un tempo era paralizzato su una sedia a rotelle. Nessuno avrebbe scommesso sul suo futuro. Era poco più che un bambino e i dottori gli dissero, senza mezzi termini, che avrebbe perso l’uso delle gambe.
Lo spettro della polio
I dottori concedono a Ewry solo un margine di speranza: una terapia riabilitativa. Si tratta di un programma massacrante di allenamento che, più tardi, prenderà il nome di “ginnastica isometrica”. Consiste nella contrazione dei muscoli senza movimento. È questa l’unica possibilità di Ewry, tuttavia potrebbe anche non funzionare.
La poliomielite gli ha risparmiato la vita, ma lo ha confinato nel male più meschino dell’immobilità.
C’è un ragazzo che insegna a se stesso a camminare, passo dopo passo. Che si impone di fare un passo, fuori da quella gabbia metallica in cui è costretto. Cerca di stare in equilibrio sulle sue gambe. La speranza rinasce in lui quando riesce a saltare oltre una cordicella legata agli estremi di due sedie posizionate all’interno della sua stanza. Quell’unico, piccolo salto diventa il simbolo di una rinascita. E poi, da lì, impara a staccarsi da terra e spiccare il volo saltando, sempre più in alto, verso il cielo. In alto, sempre più in alto, fino a colpirlo il soffitto del cielo. Così un ragazzo affetto da poliomielite è diventato un inarrivabile campione olimpico: un invincibile.
La rinascita
La grande occasione di Ray Ewry ha nome New York. Frequentando il corso di ingegneria idraulica all’università di Purdue, il giovane Ewry si è ormai lasciato completamente alle spalle lo spettro della malattia. Come tutti i ragazzi della sua età si è dedicato al football americano in cui, grazie al suo fisico ben piantato, eccelle tra i migliori della squadra. Sarà un’inaspettata frattura alla spalla a costringerlo a ripiegare sull’atletica.
Paradossalmente sarà di nuovo un infortunio a decretare la sua fortuna. Ewry scopre nell’atletica una nuova passione. Dopo la laurea si trasferirà a New York per lavorare come ingegnere; nella Grande Mela inizia per lui una vita completamente diversa. Viene notato dal New York Athletic Club che lo indirizza verso la specialità dei salti da fermo. Gli anni di silenzio e sacrificio trascorsi a sopportare la fatica della ginnastica riabilitativa hanno reso Ewry un vero fenomeno nella disciplina. Saranno i membri del New York Athletic Club a convincere il ragazzo a tentare il sogno dell’impresa olimpica. A Parigi, nel 1900, si tengono le seconde Olimpiadi dell’era moderna. Ѐ proprio qui, sullo sfondo della prima Esposizione Universale, che Raymond Clarence Ewry rinasce nelle vesti di atleta.
Le Olimpiadi di Parigi portano il suo nome impresso come un sigillo.
Una gloria consegnata all’oblio
I successi di Ray Ewry sono inarrestabili, non si limitano al trionfo di Parigi. Con i suoi dieci titoli d’oro vinti, la Rana Umana è oggi considerata tra gli atleti più medagliati di tutti i tempi, secondo solo al nuovo fenomeno della nostra epoca, Michael Phelps.
Quattro anni più tardi la sua incredibile impresa, Ewry ripete il successo di fronte ai suoi connazionali ai Giochi di St Louis: di nuovo eccelle in tutte e tre le discipline, stabilendo il suo dominio incontrastato con il record del mondo nel salto in lungo da fermo di 3.48 metri, tuttora imbattuto. Il 1906 è l’anno di un nuovo trionfo con altre due medaglie ai Giochi Intermedi di Atene, un’edizione non riconosciuta dal Comitato Sportivo Internazionale. Seguiranno altre medaglie d’oro alle Olimpiadi di Londra nel 1908, con la sola eccezione del salto in lungo da fermo, in cui Ewry non trionfa; non per una sua mancanza, ma perché la disciplina è stata tolta dal programma olimpico.
A Londra la concorrenza è spietata, ma la Rana Umana conferma di nuovo la sua leggenda.
A trentacinque anni Ewry batte l’erede designato, il giovane diciannovenne greco Kostantinos Tsiklitiras. Stavolta Ray inizia a sentire la fatica, le sue gambe non sono più elastiche come un tempo. Riesce a battere il rivale con uno stacco di appena due centimetri nel salto in alto. Nel frattempo, oltre gli allori della gloria olimpica, continua a collezionare successi nelle competizioni nazionali.
Sulla soglia dei quarant’anni, non ancora pago di successi, tenterà di qualificarsi alle Olimpiadi di Stoccolma. Ma stavolta Ray è costretto ad ammettere che la sua parabola è davvero giunta al termine. Nel 1912, Ewry non supera le qualificazioni olimpiche e decide di ritirarsi definitivamente dall’atletica. L’anno dopo, la disciplina dei salti da fermo verrà abolita dal programma olimpico. Era finita l’epoca dei salti da fermo insieme a quella del suo unico campione: la Rana Umana che ne aveva consacrato la leggenda.
Ewry continuò a vivere a New York lavorando come ingegnere, progettando caldaie per le navi da guerra degli Stati Uniti durante il primo conflitto mondiale. Tra i suoi progetti più famosi si ricorda la costruzione di un acquedotto tra le montagne Catskill.
Non ottenne alcun riconoscimento per i suoi meriti sportivi. Rimangono dieci medaglie d’oro; di cui solo otto riconosciute, poiché l’edizione dei Giochi Intermedi di Atene non fu considerata ufficiale per decisione del Comitato Olimpico Internazionale.
Dieci medaglie d’oro, record mondiali, che non hanno saputo consegnare un campione alla gloria. Sono svanite assieme al mito di una disciplina ormai scomparsa, cancellata con un colpo di spugna e consegnata all’oblio.
Resta solo una storia, che sembra sopravvivere al tempo; ha i contorni sfumati e mitici che caratterizzano le imprese leggendarie. Come quelle della Rana Umana che, in un solo giorno, ha sfiorato il soffitto del cielo.
Alice Figini
© Riproduzione Riservata
Ultimi commenti