Miruts Yifter
L’uomo senza età
La sua morte era stata annunciata prematuramente una settimana fa, per errore. Lui stesso ne aveva scherzato dalla camera d’ospedale in cui era ricoverato da tempo a causa del collasso di un polmone. Una fine anticipata e confusa, proprio come la sua data di nascita, che tuttora rimane avvolta nel mistero.
Se n’è andato il 22 dicembre 2016, stroncato da una crisi respiratoria: Miruts Yifter, l’ultima leggenda etiope. Si è spento a Toronto, in Canada, lontano da Addis Abeba e dall’Etiopia. La sua è anche la storia di un migrante per scelta.
La mancata partecipazione a una gara delle Olimpiadi di Monaco, nel 1972, gli valse l’incarcerazione nel suo paese d’origine. In Etiopia, Yifter rischiava di essere schiavo di un regime militare che non approvava, in cui l’atleta simbolo diventava strumento della dittatura e della sua propaganda. Fu presto rilasciato, ma la lotta con il regime non conobbe tregua. La sua protesta si risolse nella fuga: partì, nel 2000, alla volta dell’America. Lontano dal paese d’origine, tuttavia, Yifter non ricevette mai i privilegi e i riconoscimenti che gli erano stati tributati in Etiopia. Dopo anni di esilio autoimposto infine l’atleta farà, simbolicamente, ritorno in patria.
La sua salma sarà sepolta ad Addis Abeba. Per l’occasione i familiari hanno esortato il popolo etiope a tributargli un benvenuto eroico; un omaggio tardivo che non potrà mai cancellare le tante angosce patite in vita.
Lo sprint finale
La fama di Yifter fu consacrata alle Olimpiadi di Mosca, nel 1980. Conquistò le medaglie d’oro nei 10000 e, in seguito nei 5000 metri battendo il favorito, il finlandese Kaarlo Maaninka. La sua performance lasciò il pubblico con il fiato sospeso: Miruts Yifter, numero 191, tagliò entrambi i traguardi grazie a un eccezionale sprint finale negli ultimi 300 metri di gara. Quell’accelerazione mostruosa e inaspettata gli valse il soprannome di “Yifter the Shifter”, letteralmente: Yifter il cambio. Miruts aspettò che il suo connazionale Mohammed Kedir alzasse il “pace”, dopodiché si esibì in una ripresa che fece storia: corse gli ultimi 300 metri in 36”8 distaccando di ben quindici metri il finlandese ormai convinto di avere la vittoria in tasca.
Nella seconda gara fu di nuovo indispensabile la collaborazione con Kedir che, pare, gli lanciò un’occhiata per capire se fosse pronto allo sprint e, colto il segnale, si fece da parte per farlo passare. Di nuovo Yifter ripeté l’incredibile impresa accelerando all’improvviso nei 300 metri finali per vincere in 13’20″91 davanti al tanzaniano Nyambui e al sempiterno rivale Maaninka.
La sua maglia verde scuro con il numero 191 divenne leggenda.
Molto lontano, in Etiopia, un bambino di sette anni seguiva le sue imprese ascoltando una radio gracchiante che troppo spesso perdeva il segnale. Quel bambino era Haile Gebrselassie, attualmente primatista mondiale nei 20000 metri piani. Per lui e per molti altri della sua generazione la vittoria di Yifter ai Giochi di Mosca fu come una folgorazione. Gerbrselassie non ha mai dimenticato quel giorno; lo stupore, l’esaltazione e una promessa, fatta nel profondo del suo cuore.
«Miruts è stato tutto per me. Se ho avuto una carriera lo debbo a lui. Non mi sembrava neppure un essere umano», rammenta oggi con sincero rammarico, « per me è stato il miglior atleta che l’Etiopia abbia mai avuto, dopo Abebe Bikila».
Sicuramente Haile può essere certo di aver emulato le gesta del suo idolo; oggi lui, Miruts Yifter, Abebe Bikila, Mamo Wolde e Kenenisa Bekele sono conosciuti come i cinque imperatori della corsa in Etiopia.
Una strategia moderna
Una volta Yifter confidò in un’intervista il segreto del suo successo. A suo dire la strategia era tutta lì, nello sprint finale degli ultimi 300 metri: «300 metri è la distanza ideale – non è troppo tardi, non è troppo presto. Avevo studiato i movimenti dei miei avversari fino a cinque giri dalla fine e poi avevo deciso per la mia strategia».
La curiosità dei giornalisti, tuttavia, era ben’altra: volevano svelare il mistero della sua età. Si vociferava che, quando partecipò alle Olimpiadi di Mosca, fosse già “vecchio”; il peso degli anni, naturalmente, aggiungeva lustro alla sua fama e all’epoca era il gossip più ambito.
Ma a questa domanda Yifter rispose sempre in modo elusivo. A questo proposito divenne celebre la frase: «Io non conto gli anni. Gli uomini possono rubare i miei polli, gli uomini possono rubare le mie pecore, ma nessuno può rubare la mia età». Oggi è diventata una sua massima e appare quasi come un mantra, un proverbio o, forse, un antidoto contro la vecchiaia.
Il suo volto infittiva l’enigma: i lineamenti duri di Yifter, scolpiti e scuri, senza rughe e tuttavia così antichi, facevano di lui l’uomo senza età. Era calvo e magro, con larghe mani nodose: sembrava un giovane vecchio, una di quelle persone sempre uguali a se stesse, su cui il tempo sembra scorrere soltanto senza lasciare segni evidenti.
La sua data di nascita ufficiale oscilla tra il 1 gennaio 1938 e il 15 maggio 1944, e porta il suggello di una nazione, l’Africa, in cui il tempo non esiste. In Africa la gente non festeggia neppure i compleanni: si celebra il momento della nascita, tutto qui, come a dire che si nasce una volta sola e poi non resta che celebrare il fatto di essere vivi.
Quando vinse i fatidici Giochi di Mosca, Miruts Yifter doveva avere tra i trentasei e i quarantadue anni. Di certo un’età notevole se si considera che allora si era nel 1980 e la carriera di un atleta era da considerarsi ancora più breve rispetto ai giorni nostri.
La gara mancata
Lui, del resto, non diede mai troppo peso alla vittoria che aveva consacrato la sua leggenda. Era un piccolo uomo dal viso asciutto e gli occhi grandi, che aveva conosciuto la fatica del lavoro in fabbrica ed era approdato alle Olimpiadi quasi per gioco. Nel 1968 era stato inserito nella squadra di atletica leggera di Messico 1968, ma vi partecipò solo come spettatore. In quell’occasione assistette al trionfo del suo connazionale Mamo Wolde, che esacerbò la rivalità tra Etiopia e Kenya.
Dovettero trascorrere altri quattro anni perché Yifter partecipasse in veste ufficiale alle sue prime Olimpiadi: a Monaco, nel 1972, conquistò la medaglia di bronzo nei 10000 metri. Alla seconda gara non prese parte, per circostanze non ancora chiarite. Le ipotesi a riguardo sono tra le più svariate: qualcuno afferma che Yifter si perse sulla strada verso lo stadio, altri sostengono che sia stato bloccato dalla security al cancello del check-in; ma quella più accreditata parla di un litigio con i dirigenti etiopi.
Aveva già passato i trent’anni, ma la sua carriera sportiva era solo agli albori. La sua Olimpiade migliore l’attendeva, otto anni dopo, con l’impresa della storica doppietta di Mosca. Oggi quelle due medaglie d’oro appaiono come un monito, un’esortazione: sembrano dire che “il meglio deve ancora venire”.
È forse questo il messaggio lasciatoci da Miruts Yifter, l’uomo senza età, che voleva spiegare al mondo che non sono gli anni a rendere grande un uomo. Per questo motivo l’età anagrafica di Yifter è un mistero e, allo stesso tempo, non lo è.
Alice Figini
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Ciao…credo sia il 22 dicembre 2016
e sebbene velocissimo, 26″8 é un po pochino: credo sia 36″8 sui 300 finali 😉
Piccole sviste…provvediamo a correggere
Grazie Mauro per avercelo segnalato
La Redazione