Dawn Fraser

Dawn Fraser

Dawn Fraser

 

La “ragazzaccia” del nuoto mondiale

Nei risultati di ricerca Dawn Fraser è un mito vivente dello sport, amante del cioccolato fondente e dell’acqua, che ascolta Willie Nelson e ha due cani, Conrad e Max. Dawn è un film del 1979, una storia di successi e bravate. Dawn Fraser è un lungo viale di un Parco Olimpico, omaggio moderato della terra australe alla figliola prodiga; è un vaporetto che fa servizio sul fiume Parramatta, impegnato nella quotidianità. È una statua di cera scoperta mercoledì scorso al Madame Tussaud’s di Sydney: una ragazza con la tuta australiana e la medaglia al collo con lo stesso sorriso simpatico ed estroverso della signora al fianco, in carne ed ossa, con i capelli bianchi e i fiori in mano.

«Piccola Dawn, mio eroe, mi ricordo quando ti tuffavi nella piscina di Leichardt, saranno stati gli anni Sessanta e salutavi sempre i bambini. Sei una leggenda vivente! Grazie per gli splendidi ricordi, brava! Australia, Australia, Australia». Il messaggio, lasciato nel web del museo sotto alla recente statua di Dawn Fraser da un ammiratore, è un inno alla vita per una campionessa del nuoto mondiale, gioviale, entusiasta e ribelle; umana, forse troppo umana, prima donna ad aver infranto il muro dei sessanta secondi nei 100 m stile libero e prima a conquistare lo stesso podio in tre edizioni di fila dei Giochi Olimpici, da Melbourne 1956 a Tōkyō 1964. Dopo di lei, ci riuscirà l’ungherese Krisztina Egerszegi – 200 m dorso dal 1988 al 1996 – , e lo statunitense Michael Phelps, che ha chiuso con l’oro dei 200 m misti in questa Olimpiade di Londra 2012.

Un mito nella vasca, un personaggio fuori della piscina. Nata il 4 settembre 1937 a Sydney, Dawn Lorraine Fraser cresce con quattro sorelle e tre fratelli nel sobborgo di Balmain. Vorrebbe praticare equitazione ma i cavalli costano troppo, vorrebbe giocare a calcio ma soffre d’asma: finisce in piscina. L’accompagna il fratello preferito, Don, che muore quando lei ha appena 13 anni. «M’intrufolavo dalla finestra nella stanza d’ospedale dove era ricoverato Don» ricorda Dawn nelle interviste. «Mi disse: tu, Dawn, hai un dono, continua ad allenarti per me. Credo sia l’ultima cosa che mi abbia mai detto». Nella vasca Dawn è notata da Harry Gallagher, che si offre di allenarla gratuitamente. Sarà l’unico coach della sua carriera agonistica.

Nel 1953 la Fraser partecipa ai Campionati Australiani per la selezione dei Giochi dell’Impero e del Commonwealth Britannico di Vancouver. Non vince e, delusa, decide che dalla gara seguente avrebbe vinto tutto. Si allena con gli uomini ed è un crescendo di primati. Nel corso della sua carriera infrangerà trentanove record del mondo e vincerà ogni competizione dei 100 m stile libero disputata.

Gli ori di casa

Dawn ha 19 anni quando partecipa alla sua prima Olimpiade, quella di Melbourne del 1956. Sono i primi Giochi organizzati nell’emisfero australe, motivo per cui si tennero a novembre e dicembre, con un prologo in Svezia nel mese di giugno per l’equitazione.

Con la fiaccola olimpica, che fa gran parte del viaggio in aereo, si trascinano down under anche le tensioni politiche: nel novembre 1956 l’intervento militare sovietico aveva represso la rivolta ungherese, mentre francesi e inglesi avevano inviato truppe nella zona del canale di Suez, nazionalizzato dagli egiziani. Per protesta, non partecipano Olanda, Spagna e Svizzera, mentre giunge una piccola rappresentanza della Repubblica Popolare Cinese che torna subito a casa quando, all’inaugurazione del villaggio olimpico, è issata solo la bandiera della Cina nazionalista. I Giochi si concludono in un clima di rinnovata concordia con una sfilata degli atleti senza bandiere né divisioni nazionali. I padroni di casa sono terzi a sorpresa nel medagliere, dopo i sovietici e gli statunitensi. Gli australiani che nuotano portano a casa otto dei tredici titoli in palio, occupando tutto il podio dei 100 m stile libero, maschili e femminili.

Dawn Fraser a farfalla

 

I componenti dello squadrone vengono definiti dalla stampa “terribili adolescenti australiani”. La “ragazzaccia” Dawn vince l’oro nello stile libero, l’oro nella staffetta 4×100 m stile libero, l’argento nei 400 m stile libero. Riconquista il bottino nei Giochi del Commonwealth di Cardiff nel 1958 e bissa due anni dopo all’Olimpiade di Roma, dove rosicchia qualche decimo al suo tempo dei 100 m a stile. Per festeggiare, si tuffa nella dolce vita notturna romana e per questo viene criticata dai compagni. Per tutta risposta, lancia un cuscino in faccia a un collega, va a comprarsi un vestito da sposa e torna a passeggiare per Roma: quando rientra, si sente dire che deve disputare la frazione di staffetta a farfalla. Si rifiuta e per il resto dei Giochi la squadra non le rivolge parola, mentre alla stampa lei denuncia il comportamento poco morigerato dei compagni nel villaggio olimpico. Porta a casa l’oro nei 100 m stile libero, l’argento nelle staffette stile e misti.

Turbolenze da stile libero

I risultati in vasca compensano il comportamento bizzarro fuori dall’acqua di quest’atleta, sempre sorridente, che continua ad abbattere i record del mondo stabiliti da lei stessa e lavora ancora nelle ore libere come commessa in un negozio d’abbigliamento o in un pub.

Il 27 ottobre 1962 Dawn diventa leggenda per 59’’ 9: è la prima donna a scendere sotto il minuto nei 100 m stile libero. Ha 25 anni e sorride.

Dawn Fraser in azione

 

Dawn perde prima il padre per malattia e, in seguito, la madre per un fatale incidente d’auto in cui era lei stessa alla guida. Passa nove settimane in trazione, ha una vertebra fuori posto, ma sette mesi dopo è ai Giochi Olimpici di Tōkyō, dove ottiene l’oro nei 100 stile libero, l’argento nella staffetta e… un arresto. Negherà di averlo mai fatto, ma pare che organizzò il furto notturno di una bandiera nel Palazzo dell’Imperatore. A poco valse che l’imperatore stesso, incuriosito, volle incontrarla e regalarle la bandiera: il raid boccacesco le costa la sospensione per dieci anni (poi limitata a quattro) della Federnuoto australiana. Ovvero, la fine dell’avventura olimpica, che si chiude nel 1964 con un totale di quattro ori e quattro argenti.

La sua vita turbolenta continua ai vertici del pettegolezzo e dello sport: si sposa, ha una figlia, divorzia, accusa un marinaio polacco di averla violentata, mette all’asta una medaglia per finanziare i Giochi del Commonwealth australiano, diventa patrona dell’Associazione Sport in Carrozzina dello stato del Victoria, è presidente dell’Australian Sports Hall of Fame, è eletta al Parlamento del New South Wales e le viene conferita l’onorificenza di Membro dell’Ordine dell’Australia «in riconoscimento del servizio pubblico, in particolare come consulente e dirigente sportivo, e per l’aiuto alle persone disabili e il contributo all’ambiente».

All’Olimpiade di Atlanta del 1996 è lei a passare la torcia a Muhammad Ali. All’Olimpiade di Sydney del 2000, è la first lady dell’edizione. A più di 70 anni, non ha perduto l’indole agonistica e originale: lo sa il ladro che s’infilò in casa sua nel 2009, beccandosi una bella ripassata; lo sanno i dirigenti sportivi con cui ebbe sempre contrasti, non in ultimo nel 2010, quando Dawn lanciò la proposta di boicottare per ragioni politiche i Giochi del Commonwealth.

Le “ragazzacce” buone sono così: hanno il cuore grande e il sorriso beffardo che una statua di cera non può rappresentare appieno. E soprattutto, hanno inciso il nome sull’acqua. Eterne. Sorridenti.

Melania Sebastiani
© Riproduzione Riservata

 

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Comments To This Entry
  1. Dopo cinque anni (dai Mondiali di Melbourne 2007), Filippo Magnini torna sul gradino più alto del podio dei 100 sl in campo internazionale ovvero gli Europei di Debrecen, che gli mancava dal 2006. Magnini sicuramente non partiva favorito ma ha sbaragliato la concorrenza grazie ad una seconda vasca da cineteca del nuoto, 48”77 il suo tempo nella finale dei 100 stile libero, con il francese Bernard fermo a 48”95 e d’argento.

    silver price on October 6, 2012 Reply
  2. Senza voler togliere nulla a Dawn Fraser va però detto che a passare la torcia a Muhammad Alì ad Atlanta non fu lei ma l’americana Janet Evans.

    Luca on July 29, 2021 Reply

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