Madge Syers
Lady’s Skates
È entrata in gara grazie a una faglia nel regolamento. Dopo averlo letto accuratamente da cima a fondo, notò che non era affatto specificato il sesso dei partecipanti. In pratica, le gare di singolo erano state appannaggio esclusivamente maschile per un tacito consenso, un’opinione diffusa che nessuno aveva avuto il coraggio di smentire. Si era supposto che le competizioni singole fossero più adatte all’aggressività degli uomini, quella caratteristica che li rendeva dei bravi soldati e faceva di loro un’ottima arma da sfoderare in caso di guerra, una qualità che aveva ben poco a che spartire con la grazia femminile.
Nel primo Novecento il mondo fatato del pattinaggio sul ghiaccio si presentava molto diverso da come lo vediamo oggi. Niente gonne e fronzoli, solo uomini in gara. Il nome originale dello sport era più adatto a descriverlo: “figure skating”, pattinaggio di figura. Il pattinatore doveva descrivere sul ghiaccio delle figure geometriche precise come cerchi, otto e serpentine. I passi di danza poco si addicevano alla virilità, come scrivevano i giornali dell’epoca: «vedere una figura vigorosa e fiera muoversi sulle leggere tracce di Tersicore può produrre effetti pericolosi, per non dire comici».
Movimenti tecnici e poche piroette dunque, l’esibizione appariva più simile a un esercizio ginnico che a uno spettacolo di danza; almeno finché Madge Syers non ebbe il coraggio, o forse l’impudenza, di cambiare le regole.
Un’intrusione
Nessuno, sul momento, osò proibirle di partecipare. Lei e il marito Edgar erano membri della Federazione Britannica di pattinaggio sul ghiaccio; proprio l’Inghilterra avrebbe ospitato i campionati mondiali, quell’anno, il 1902. Tuttavia la sua vittoria fu boicottata e, di certo, non favorì una maggior inclusione delle donne nello sport o la nascita di una competizione paritaria.
La partecipazione di Madge Syers ai mondiali di pattinaggio fu definita, piuttosto, un’intrusione e presto cancellata tramite un’accurata revisione del regolamento. Dall’anno successivo, infatti, venne categoricamente proibito alle donne l’accesso ai mondiali di pattinaggio. Ora era scritto chiaramente, nero su bianco. Le donne avrebbero potuto gareggiare in un’altra competizione, minore, riservata esclusivamente al loro sesso. La decisione dell’ISU fu irrevocabile, il consiglio si riunì l’anno seguente, nel 1903, e la partecipazione delle donne ai mondiali fu messa in discussione da sei voti contro tre.
Naturalmente il congresso era composto interamente da uomini.
Le motivazioni? La lunghezza delle gonne avrebbe impedito ai giudici di gara di vedere i piedi della pattinatrice; inoltre, a giudizio unanime, sarebbe stato impensabile valutare donne e uomini a pari merito. Una delle giustificazioni più assurde a questo verdetto fu che un giudice di gara, uomo, si sarebbe potuto facilmente innamorare di una pattinatrice, o avrebbe potuto intrattenere una relazione con lei, venendo così meno all’autonomia di giudizio. Con queste nobili ragioni fu colmata quella faglia nel regolamento che aveva consentito alla Syers di scandalizzare le menti benpensanti.
Madge accolse il verdetto con filosofia e gareggiò nelle competizioni femminili del 1905 e del 1907, ovviamente vincendo. Dopotutto lei non aveva avuto alcun problema a battere un uomo.
La sconfitta di Ulrich Salchow
Il secondo posto di Madge Syers ai campionati mondiali del 1902 fu molto discusso. A detta di molti, lei meritava di vincere, ma sarebbe stato scandaloso conferire a una donna la medaglia d’oro, così la vittoria fu clamorosamente boicottata.
La Syers aveva battuto tre concorrenti e si era piazzata seconda, dietro a Ulrich Salchow, l’inventore dell’omonimo salto, vera leggenda all’epoca. Si narra che Salchow rimase impressionato dalla bravura della ragazza, arrivando persino ad offrirgli la sua medaglia d’oro, che Madge rifiutò. D’altronde la sua abilità sui pattini parlava da sé, non aveva bisogno di riconoscimenti.
In seguito T.D. Richardson scrisse a proposito dell’evento: «Erano più che chiacchiere. Un buon numero di esperti pensava che avrebbe dovuto vincere lei».
Madge Cave, questo il suo nome da nubile, non era una donna influente. Una dei quindici figli di Edward Jarvis Cave, un costruttore, e di sua moglie Elisabeth Ann; era nata a Kensigton, vicino a Londra. Fin da bambina si distinse per la sua abilità nel nuoto e nell’equitazione. A diciotto anni divenne un’abituale frequentatrice del Prince Skating Club di Knigthsbridge, conosciuto nell’alta società inglese. Qui conobbe Edgar Syers, un pattinatore celebre, vincitore di un bronzo ai Mondiali del 1899.
Per uno strano gioco del destino, Edgar divenne suo maestro e poi suo marito, facendo del pattinaggio su ghiaccio una componente imprescindibile nella vita di Madge. Proprio lui, in qualità di allenatore, la introdusse alla pratica dello “stile internazionale”, meno rigido dello stile inglese tradizionale, conosciuto all’epoca. Lo “stile internazionale” è considerato un antenato del pattinaggio moderno, fu importato in Europa da Jackson Haines, un pattinatore americano con un passato da ballerino. Haines aveva introdotto nel pattinaggio degli elementi della danza, iniziando ad accompagnare le esibizioni con la musica; le sue innovazioni furono poco apprezzate in patria, ma fecero più fortuna all’estero.
Sulle note di una melodia personalissima che stava legando indissolubilmente le loro vite, Edgar e Madge gareggiarono in coppia in alcune prestigiose competizioni, arrivando secondi ai giochi internazionali di Berlino, nel 1900. Coppia collaudata, scoprirono che insieme potevano essere straordinari e si sposarono, nel giugno di quello stesso anno.
Il primo oro Olimpico
La fortuna dei coniugi Syers non era ancora finita, si affacciava una nuova sfida: l’Olimpiade.
Nel 1908, per la prima volta, il pattinaggio su ghiaccio venne incluso nel programma olimpico. All’epoca non esisteva ancora la distinzione tra Olimpiadi estive e Olimpiadi invernali. I Giochi si sarebbero tenuti a Londra a fine ottobre, all’interno della prestigiosa cornice del Princess Club.
Madge era pronta e desiderosa di partecipare, la novità più stimolante dell’evento era che oltre all’esibizione nel pattinaggio di coppia con il marito, avrebbe avuto l’opportunità di gareggiare da sola nella competizione femminile di singolo. La sua stella era destinata a brillare più che mai; sapeva che sarebbe stata l’occasione più importante della sua vita, e lei vi si dedicò con tutta se stessa.
Proprio in quel periodo, infatti, la sua salute precaria l’aveva tenuta lontano dalle competizioni. Fu costretta a rinunciare ai Mondiali, ma mai avrebbe abbandonato il sogno olimpico. A quella prima edizione dei Giochi parteciparono solo ventuno pattinatori, di cui sette donne: Madge Syers era una di loro.
La sua esibizione impeccabile lasciò esterrefatti ben cinque giudici che la elessero, all’unanimità, vincitrice. Fu il primo oro olimpico femminile della storia del pattinaggio su ghiaccio.
Le parole che i giornali le dedicarono nei giorni seguenti non lasciarono dubbi in proposito: tutti elogiavano la straordinaria accuratezza delle sue figure, combinata con la grazia dei movimenti. Dicevano che era stata la protagonista assoluta dell’esibizione mattutina e la definirono “in a class all by herself”.
Madge bastava a se stessa. Fu lei la vera stella di quell’Olimpiade, eclissando il marito che, dal canto suo, era ben consapevole della superiorità della moglie.
L’ottimo risultato nel singolo fu accompagnato da un bronzo nel doppio. I vincitori di quell’edizione furono i pattinatori tedeschi Heinrich Bürger e Anna Hübler, che pattinarono in stile libero sulle note del valzer Rose del Sud suonato per l’occasione da un’orchestra. La loro superiorità fu schiacciante, destinata a restare impressa nella memoria. Nei giorni seguenti i giornali definirono la loro prova come «la più elegante esibizione di coppia mai vista».
Il poemetto di Edgar
L’Olimpiade fu per Madge l’ultimo bagliore. La sua salute, già in declino, peggiorò nell’inverno di quell’anno costringendola a ritirarsi dalle competizioni. Si dedicò alla scrittura di libri sul pattinaggio, redatti in coppia con il marito. Fecero della scrittura il pattinaggio alternativo, una sorta di surrogato che gli permise di mettere a frutto il loro talento, anche lontano dai circuiti di gara. I loro scritti, The Book of Winter Sports e The Art of Skating, divennero dei veri e propri manuali di successo, pietre miliari per la storia del pattinaggio artistico.
Madge Syers morì a soli trentacinque anni, il 9 settembre del 1917. Edgar le sopravvisse a lungo. Si spegnerà all’età di ottantadue anni, nel 1946, vivendo senza la compagna di tutta una vita.
Non ebbero figli, la loro eredità è tutta scritta nel solco tracciato dalle lame sul ghiaccio.
Edgar dedicò alla memoria della moglie un poema dal titolo “To my Lady’s Skates”, la traduzione italiana sarebbe, letteralmente: “Ai pattini della mia signora”. Non l’aveva mai dimenticata, non dimenticò il suo grande amore, quel sodalizio senza tempo, che aveva rivoluzionato la storia.
The praise of glove, of fan, or shoe,
Full many a ode relates;
May not my muse, with theme more new,
Commend my Lady’s Skates?
Eft little feet to guide these blades
My Mistress fair provides;
And, sweetest of our glacial maids,
On them serenely glides.
No steel that e’er was tempered can
Have borne so light a weight,
Since first on ice primeval man
Plied prehistoric skate.
«L’elogio del guanto, del ventaglio o della scarpa, ha già riempito molte odi. Non può la mia musa, con un tema più nuovo, elogiare i pattini della mia signora? Piccoli piedi per guidare queste lame offre la mia signora. E, più dolce delle nostre glaciali fanciulle, su queste lame scivola serenamente. Nessun acciaio che è stato temprato ha mai sopportato un peso così leggero. Da quando il primo uomo primitivo è andato per la prima volta sul ghiaccio con un pattino preistorico».
In ricordo di Madge Syers, di quei pattini che erano parte di lei e hanno permesso al suo destino di compiersi. Attraverso queste parole Edgar ci ha offerto forse il ritratto più completo della moglie, una campionessa olimpica, una pioniera; una donna che ha vissuto il suo tempo.
Forse, dopotutto, questa è prima di ogni altra cosa una storia d’amore.
Alice Figini
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