Giuliano Giuliani

Giuliano Giuliani

Giuliano Giuliani

 

Il sorriso dimenticato

Rassicurante. È senz’altro questo l’aggettivo ideale per descrivere un ragazzo all’apice della giovinezza e dei successi professionali. Giuliani era rassicurante sia nell’ambito affettivo, circondato da una moglie bella e famosa e da una dolcissima bimba da coccolare, che in quello lavorativo. E quando la tua professione è quella di portiere di calcio in serie A, allora essere rassicurante, per gli allenatori, i compagni di squadra e i tifosi, è più di una garanzia: e Giuliano Giuliani, quando chiudeva a doppia mandata la sua porta, era davvero fenomenale. Un talento e una persona seria che parlava poco e si affacciava timidamente alle interviste o alle prime pagine dei giornali.

Agli onori della cronaca arrivò, purtroppo, quasi a fine carriera e non per titoli o trionfi sportivi, che peraltro aveva precedentemente ottenuto con merito, ma per un incubo. Un incubo che lo inghiottì per sempre e che lo spiazzò come nessun centravanti avversario aveva mai fatto in precedenza.

Un campione pulito

Nato a Roma nel settembre del 1958, Giuliano fu toscano d’adozione visto che trascorse parte dell’infanzia e dell’adolescenza ad Arezzo. Forse non ereditò mai l’esuberanza e il carattere aperto dei toscani, ma in compenso la caparbietà e il seme del lavoro attecchirono subito in lui. Con molti sacrifici e forza di volontà, conciliò gli studi (diplomandosi come geometra) col sogno di tutti i bambini italiani innamorati del pallone: giocare in serie A.

Proprio ad Arezzo, nei talvolta tortuosi ma efficaci meandri delle giovanili, intuirono che il Giuliano Giuliani portiere poteva davvero nutrire ambizioni interessanti. Il ragazzo, introverso e pacato nella vita, fra i pali si trasformava in un felino assetato di palloni: rapido, reattivo, grintoso e motivatissimo. Con l’Arezzo debuttò in prima squadra ad appena 18 anni e disputò quattro campionati di serie C; nel 1980-81 fu ingaggiato dal Como in serie A, debuttando nella massima serie il 9 settembre 1980 in Torino-Como 1-1. Le sensazioni iniziali erano giuste: o, per restare sul pezzo, rassicuranti.

La squadra

La squadra

 

Certo, nel 1980-81 giocò appena quattro partite e, nella successiva prima stagione da titolare, Giuliani e il suo Como retrocessero inopinatamente in B (con record negativo di punti e gol subiti). Ma il ragazzo si era fatto apprezzare comunque, prendendo legnate ma facendone tesoro e moltiplicando gli sforzi e i sacrifici allenamento dopo allenamento. Restò in laguna per altri due campionati cadetti e riconquistò la serie A nel 1984-85: stavolta titolatissimo (non saltò neanche una partita) e autore di parate fenomenali che gli valsero unanimi consensi. Lo stesso Como salvò la categoria e Giuliano Giuliani alzò l’asticella della sua iperbole sportiva: fu acquistato infatti dal Verona neo-campione d’Italia.

In Veneto il nostro numero 1 consolidò prestigio e valore, divenendo uno dei portieri più apprezzati a livello nazionale. Migliorò in tutti i fondamentali, disputò una storica Coppa dei Campioni, acquisendo così esperienza internazionale: quel Verona, trainato in panchina dal sapiente Bagnoli e coi vari Briegel, Elkjaer, fu sconfitto ma con onore nel derby con la Juventus agli ottavi di finale.

Il vento del destino soffiava a suo favore, insomma, e lo trasportò con entusiasmo fino al punto più alto e ambito di quel periodo: il Napoli di Diego Armando Maradona. Nel capoluogo partenopeo Giuliani arrivò nel 1988, lo stesso anno del suo matrimonio con Raffaella Del Rosario; i due si conoscevano da appena un anno, folgorati da un colpo di fulmine ad una festa di amici in comune. Lei incarnava il perfetto prototipo della bellezza anni ’90: presentatrice e modella, aveva occhi e sguardo da fotoromanzo. La loro storia d’amore era proprio come una favola, e la luna di miele proseguiva in una città magica e avvolgente come il capoluogo campano.

La favola

Le cose andavano a gonfie vele anche nell’ambito sportivo, visto che Giuliani si inserì perfettamente nello scacchiere difensivo di quel Napoli travolgente, spettacolare e vincente. Secondo posto 1988/89 in campionato, dietro soltanto all’Inter dei record, ma soprattutto la strepitosa conquista in quell’anno della prima Coppa Uefa per i colori azzurri. Giuliani non saltò neppure un minuto, neppure un secondo, delle dodici splendide battaglie del più bel Napoli europeo della storia: in panchina Ottavio Bianchi, mentre in campo i trascinatori erano Diego, Antonio Careca, Carnevale, De Napoli e Ferrara.

Giuliano con la moglie Raffaella

Giuliano con la moglie Raffaella

 

Giuliano, che forse col tempo stava diventando meno spettacolare e più concreto, sciorinò prestazioni sempre soddisfacenti e convincenti. Restano nella memoria dei veri e propri miracoli contro la Juventus ai quarti e soprattutto contro il Bayern Monaco in semifinale, mentre per fortuna non fu doloroso il mezzo pasticcio (possiamo anche parlare di “papera”, perché anche il portiere più bravo può commetterne) sul gol di Gaudino contro lo Stoccarda nella finale di andata. Circa dodici mesi dopo, poi, Giuliani e il Napoli tagliarono un altro prestigioso successo e un altro traguardo da tramandare: il secondo scudetto azzurro, con la novità Albertino Bigon in panchina e dopo un drammatico ed entusiasmante testa a testa col Milan di Sacchi. A Napoli, come forse giusto che sia, non ci si stanca mai di festeggiare abbastanza: Giuliani era giustamente partecipe e consapevole e ci diede dentro anche lui. Con Maradona eterno primo attore e anfitrione, furono giorni, settimane di gloria e baldoria, balli e calici al cielo con contorno di donne e vitamine.

Il Diavolo, in questa storia e a questo punto, sta come fumando sornione e aspetta di entrare in scena.

Il diavolo in agguato

Mai dubitare di lui o sottovalutarlo: come dice un vecchio aforisma, la beffa più grande che il Diavolo abbia mai fatto è far credere al mondo che lui non esiste. E non ci riferiamo, ovviamente, al brusco ma naturale crepuscolo sportivo di Giuliani: che, difatti, in estate perse il suo posto di titolare al San Paolo. Il Napoli acquistò, facendolo debuttare in Super Coppa contro la Juventus, Giovanni Galli, ex Fiorentina e Milan. Giuliani andò addirittura in serie B, firmando con l’Udinese, e in Friuli restò due stagioni, giusto il tempo di riconquistare la serie A sul campo.

Nel 1992-93 giocò solo una partita, l’ultima della sua vita. Il Diavolo, trasfigurato nella sindrome da immunodeficienza acquisita, cominciò a devastare il fisico e l’animo del povero Giuliano proprio nei primi anni novanta. C’è ancora oggi incertezza sui tempi e sulle modalità: tuttavia, l’unico dato inoppugnabile era che l’ex portiere del Napoli aveva l’AIDS. Qualcuno inizialmente provò a ribaltare, a rovesciare la disgrazia, accennando a problemi di natura polmonare o un virus di misteriosa natura, ma era proprio AIDS. Fu lo stesso Giuliani ad ammettere la malattia, e in contemporanea alcuni giornali sventolarono presunte avventure extraconiugali che poi risultarono determinanti per il divorzio definitivo da Raffaella Del Rosario. La giovane moglie, madre della piccola Gessica, non perdonò la scappatella (il numero 1 giurò poi che fu in realtà l’unico tradimento) al matrimonio di Diego Armando Maradona: la festa a Buenos Aires, datata novembre 1989, fu a dir poco chiacchierata e movimentata.

Lei lasciò lui, ma non del tutto, visto che quando la malattia stava per ultimare il suo terribile mandato andò spesso al suo capezzale. Giuliano si stava spegnendo e in molti, soprattutto nel mondo del calcio, guardarono di proposito da un’altra parte, come a voler dissolvere un uomo che tanto valeva e che pagava un conto troppo salato. Ancora più assurde e velenose furono le parole di chi si permise di giudicare e condannare.

Giuliano Giuliani morì in ospedale a Bologna il 14 novembre del 1996, nel padiglione riservato ai convalescenti di malattie infettive. Quel che accadde dopo fu addirittura più malinconico, visto che l’oblio trionfò su tutti i contesti di questa vicenda. A soli 38 anni Giuliani usciva di scena come un personaggio di un’opera di Pirandello: sembrava ci fosse un piano per cancellare anche il suo passato. L’ex moglie, in recenti interviste, sostiene di aver ripetutamente chiesto all’ex presidente del Napoli, Corrado Ferlaino, e allo stesso Maradona di ricordare Giuliano con qualche iniziativa, magari una partita amichevole a scopo benefico o la nascita di una fondazione a suo nome, una scuola calcio per portieri o cose di questo genere. «Non mi hanno neanche risposto»,  commenta indignata Raffaella del Rosario.

Ognuno può e deve pacatamente fare le sue valutazioni, su cosa ci sia di sbagliato o su chi non abbia avuto un comportamento limpido o moralmente lineare. Tuttavia riteniamo doveroso provare a non dimenticare la figura umana e professionale di un calciatore corretto, leale e generoso come pochi altri.

Un portiere di ottimo livello, vincente e umile come quel suo sorriso spontaneo, quasi timoroso.

Non si dimentica mai ciò che ci ha fatto emozionare, anche se tanto tempo fa.

Lucio Iaccarino
© Riproduzione Riservata

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Comments To This Entry
  1. In soli due anni a Napoli vinse Coppa Uefa e scudetto. Nessun portiere nella storia del club aveva mai fatto meglio di lui: è stato l’ estremo difensore più vincente di sempre di quella squadra. Certo era un Napoli stellare: quello di Maradona, Careca, Ferrara. Eppure anche lui ha dato il suo contributo, con le sue belle parate ed il suo stile elegante. Sembrava avere tutto dalla sua parte, Giuliano Giuliani: bel ragazzo, sposato con una donna famosa e affascinante, grande portiere e per giunta vincente, in una città come Napoli in cui, calcisticamente parlando, si è sempre vinto abbastanza poco.Eppure, appena dopo la conquista del secondo scudetto, ha inizio la sua inesorabile parabola discendente sportiva ma soprattutto umana, stranamente coincidente con quella del Napoli, che lo cede all’ Udinese e, strano segno del destino, da allora comincia a non vincere più, vivendo una prima tormentata annata culminata con la qualifica di Diego x cocaina, ma già preannunciata difficile dall’ accusa (infondata) alla tifoseria azzurra di aver parteggiato per l’ Argentina nella famosa semifinale Italia 90 ( nulla i più falso!). Il Giuliano post- Napoli macchia la sua immagine venendo implicato in una storia spaccio di droga da cui risultò poi essere del tutto estraneo, ma soprattutto scopre di essere affetto da quella che era considerata a quei tempi la malattia delle malattie, quella che faceva rabbrividire già solo a sentirla nominare: l’ Aids, che purtroppo non gli darà scampo e pochi anni dopo lo porterà a morire solo e abbandonato da un ingrato mondo del calcio, a cui forse imbarazzava proprio la tipologia di morbo che ne aveva causato il decesso ad appena 38 anni. Nessuno lo ha mai celebrato e ricordato e sono contenta che almeno qualche giornalista lo ricordi con qualche articolo. Era un uomo pacato e tranquillo, che non amava i riflettori, che aveva tanti interessi, che ha pagato più del dovuto una notte argentina (l’ unica, forse, in cui nella sua vita onesta e mai dissoluta, si è lasciato andare) e che, onestamente, non meritava quest’ oblio.

    Ladymaya on September 25, 2019 Reply
    • GRAZIE! La redazione

      admin on September 25, 2019

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