Sync Different
L’altra metà della piscina
«Nuotare e basta stava diventando troppo noioso. Così, per gioco, sono diventato sincronetto».
Eppure lo sport non ha barriere.
«Chiaro, tutti possono praticare qualsiasi tipo di sport, maschi e femmine, grassi e magri. Ogni corpo ha caratteristiche diverse e risponde allo sforzo in modo differente. È necessario per tutti sganciarsi dalle proprie paure, dall’imbarazzo di un corpo troppo peloso o dall’ansia di un giudizio da subire come una condanna. Sembra che il nuoto sincronizzato maschile sia la lettera scarlatta degli sport acquatici: i maschi eterosessuali si vergognano di praticarlo per paura di perdere virilità; i maschi gay lo prendono come outing».
La squadra prende vita con il passaparola e un blog che cerca di racchiudere l’universo del nuoto sincronizzato maschile: www.syncdifferent.it. Il Gruppo Pesce ha aiutato i ragazzi a trovare un’istruttrice, Giada Crasti, e così è cominciata l’avventura per una decina di amici di vasca, di età compresa tra i 18 e i 50. «Pochissimi ci credevano» – ammette Felicetti – «abbiamo messo insieme in piscina un medico, un infermiere, un ricercatore biologico, un giornalista, un istruttore di nuoto, un venditore di pesci tropicali, insomma, un gruppo eterogeneo di età diverse e mestieri più svariati, tutti a provare remate, capovolte e propulsioni che non pensavamo possibili. Cercando di andare a tempo».
Il rischio, forse, era di sentirsi e vedersi come il rugbista Martín Castrogiovanni nello spot dell’Olimpiade di Londra 2012: non essendo il rugby disciplina olimpica, pur di partecipare ai Giochi del 2012 un simpaticissimo (“orsuto” e irsuto) Castrogiovanni volteggia con le Farfalle della ginnastica ritmica, goffo e buffo.
«I Sync Different non vogliono copiare le donne. Di fatto, la squadra ora è composta da cinque maschi e cinque femmine. Non mettiamo lustrini ai nostri costumi, non abbiamo paillettes. Mettiamo professionalità nelle nostre esibizioni, costume nero o rosso. In occasione di un’esibizione delle scuole di sincro di Milano, era stata organizzata una specie di narrazione, un racconto in cui si incrociavano il regno dell’acqua e il regno della terra. Lì avevamo indossato un costume con filamenti che uscivano dalla schiena, come se fossimo meduse, a strisce bianche e rosse molto d’effetto. In quel caso lo studio del costume aiutava l’espressività e aiutava a sottolineare il contrasto terra/mare. Mi piace pensare al sincro come pattinaggio artistico su ghiaccio in vasca: l’esibizione di uomo e donna assieme è più bella di quella del singolo atleta, hanno stili diversi che si complementano. È un porto a cui il nuoto sincronizzato dovrebbe arrivare: un passo a due in vasca».
Il regolamento italiano non proibisce il nuoto sincronizzato maschile, ma l’uomo viene giudicato con gli stessi parametri della donna. «Non è giusto» rimarca Felicetti «è già difficile comunicare l’espressività nell’acqua con gesti che ci sono innaturali. E spesso nel sincro bisogna essere espressivi con le gambe. È un impegno mentale non da poco: a me viene ancora da alzare le mie gambe come fossero un sacco di patate! Con i Sync Different, abbiamo trovato particolarmente difficile i movimenti che assomigliano alla spaccata: la flessibilità degli arti inferiori non è una dote che ai maschi viene proprio naturale. Nella nostra squadra certi movimenti riescono solo a una persona, Fabio. Invece ci sentiamo a nostro agio con movimenti energici di scatto e potenza».
I Sync Different hanno già avuto le loro soddisfazioni. L’ultima a luglio, agli Eurogames di Budapest, dove hanno ottenuto il bronzo battendo la squadra inglese. «Ed è stato davvero un onore battere gli inglesi. Come Sync Different, possiamo partecipare ai master italiani, ma saremmo gli unici maschi e un po’ vecchiotti. Partecipando invece alle gare internazionali, ci troviamo a confrontarci con squadre più simili a noi. Dico simili perché in realtà hanno un sostegno maggiore delle istituzioni e un livello più alto: nel caso della squadra inglese, sono allenati da un ex nuotatore della nazionale. A Barcellona, Parigi e Bruxelles non pagano le strutture o le pagano a un prezzo simbolico. Noi spendiamo 12mila euro di piscine l’anno. E in sei anni, non siamo ancora riusciti a comprarci degli amplificatori subacquei. In tempi di ristrettezze economiche, intraprendere un discorso di crescita culturale o sportiva è difficile ma bisogna ricordare che anche spostare tutta la squadra a Roma per una gara ha un costo. La squadra francese riceve aiuti dalla municipalità, hanno esperienza decennale e vincono quasi tutte le gare. Sono semi-professionisti, con audizioni e tre livelli di squadre, fanno vere e proprie campagne acquisti. Il motivo di tanta passione è l’impronta lasciata da Stéphane Miermont, ex nuotatore e oggi coreografo acquatico negli Stati Uniti».
Nel 2009 i Sync Different hanno raggiunto un altro importante traguardo: hanno organizzato la Men’s Cup, competizione mondiale a carattere biennale di sincronizzato. Sono giunti a Milano 70 atleti da 11 nazioni. La manifestazione, inserita negli eventi di Milano capitale dello Sport, ha avuto l’appoggio delle istituzioni e delle federazioni ed è stata luogo di riflessione nel convegno Sport e arte in evoluzione: il nuoto sincronizzato maschile. Madrina era Giovanna Burlando, prima italiana a vincere una medaglia di sincro nel singolo. «Aveva partecipato anche Giorgio Minisini, figlio d’arte, al momento unico atleta italiano maschio a praticare il nuoto sincronizzato a livello agonistico. Pensavamo di riuscire a fare sufficiente clamore affinché la Federazione del nuoto aprisse ai maschi all’Olimpiade di Londra».
Per questi Giochi Olimpici invece, la barriera di genere caduta l’ha fatta spuntare alle ragazze della boxe. Per i Sync Different gli allenamenti sono ripresi oggi al Quanta Village: hanno quattro anni di tempo per sfidare i regolamenti internazionali. Speriamo che non debbano gareggiare in giacca e cravatta per preservare la “mascolinità” in una disciplina che continua a essere femminile.
«Alla Men’s Cup di Milano aveva partecipato un giapponese che fa parte dei Tritones, una versione nipponica (acquatica) del Cirque di Soleil. Riusciva a fare uno stile libero al contrario, era come vederlo alla moviola. I giapponesi hanno un approccio all’acqua totalmente innovativo, pieno d’inventiva. Non abbiamo ancora esplorato le potenzialità dei corpi in acqua. E nemmeno tutti i colori: ho provato a cercare fotografie di persone di colore che fanno nuoto sincronizzato, maschi o femmine. Nessun risultato. Occorre una mente coreografica diversa».
Per una piscina color arcobaleno.
Melania Sebastiani
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