Il torneo di Viareggio
La nascita della Coppa Carnevale
Tutto nasce col Carnevale e non può che essere così.
Perché qui, più che da altre parti, quell’antica festa dal sapore pagano è una seconda pelle, un modo di essere e di pensare. È un qualcosa a cui aggrapparsi quando s’imbocca un tunnel senza uscita.
I carri, il corso, le maschere, i coriandoli e la folla festante – festose cartoline che hanno fatto conoscere la città in tutto il mondo – sono solo la rappresentazione di un modo di vivere e di sentire che a Viareggio è radicato e profondo.
Non è un caso che qui, più che da altre parti, il Carnevale coincida con l’arrivo della bella stagione. È vero, le Apuane – così vicine da poterle quasi toccare – a febbraio sono ancora bianche di neve. Ma la brezza che in quei giorni spira in Versilia è gia carica di essenze e di fragranze primaverili, mentre il mare, ancora un po’ increspato, si accende sotto il tiepido sole di mille bagliori dorati.
Già, il Carnevale… Estate del ‘45: la guerra è finita e ovunque c’è distruzione e disperazione. La vicina Linea Gotica ha trasformato questa terra in un inferno. Chi è sopravvisssuto ha perso il conto dei bombardamenti, delle distruzioni, delle rappresaglie e delle deportazioni. Dei morti e dei feriti.
Non sorprende, dunque, che il primo pensiero dei viareggini, all’indomani della Liberazione, sia rimettere in piedi il Carnevale. Perché quello è il modo migliore per far ripartire il tutto, lasciando alle spalle i lutti, le brutalità e le devastazioni.
L’impresa non è semplice: i soldi non ci sono, la disoccupazione galoppa e il morale è fiacco. Solo i bambini sono tornati a giocare sulle spiagge, inseguendo felici palle fatte di miseri stracci. Eppure, nonostante le difficoltà, l’obbiettivo viene centrato. È martedì grasso, il 5 marzo 1946, quando un sole primaverile accoglie nuovamente la processione dei carri lungo il corso viareggino, non ancora ripulito dalle macerie del conflitto. È la prima volta, dopo sei anni di pausa obbligata. La città può finalmente tornare alla vita.
La Coppa Carnevale
Con la ricostruzione riparte anche lo sport. Il calcio, naturalmente, è in prima fila. In ogni quartiere nascono come funghi nuove squadre, molte a livello amatoriale, altre invece regolarmente affiliate alla Federazione. Tra queste il Centro Giovani Calciatori, più noto come CGC, costituitosi il 20 novembre 1947 grazie alla passione di alcuni assidui clienti del bar Trieste di Piazza Campioni.
Il presidente, Torquato Bresciani, e i soci sono degli autentici sognatori: portano avanti idee e propositi, riguardo al gioco del calcio e alle sue manifestazioni, decisamente in anticipo rispetto ai tempi. Non fa a tempo a costituirsi, infatti, che la neonata società mette subito in cantiere un torneo cittadino a livello giovanile da disputarsi di lì a due mesi. Il periodo prescelto, naturalmente, è quello del Carnevale, da cui il trofeo prenderà il nome.
Trasformare quell’idea in realtà, però, non è affar semplice, sia per l’esiguo margine di tempo a disposizione che per le obbiettive difficoltà di quei giorni difficili. Ma gli uomini del CGC tengono duro e alla fine l’iniziativa viene condotta in porto. Undici squadre raccolgono la sfida e versano le cento lire d’iscrizione richieste. Le formazioni che di lì a poco si disputeranno il prestigio cittadino sono il Viareggio allievi, la Libertas, gli Assi, il Cro Marco Polo, il Fervet, più sei compagini espressione di altrettanti quartieri, ma che per l’occasione prendono il nome di bar e osterie: il Mori, il Piemonte, l’Iskra, il Fattore, il Lencioni e il Roma, quest’ultimo di Torre del Lago. A farne parte sono per lo più giovani operai, artigiani, studenti, muratori e gente di mare, attratti da un torneo che, aldilà dell’aspetto sportivo, sembra traspirare – come si dice da queste parti – un’irresistibile «anima di viaregginità».
Arriva febbraio e, dunque, il Carnevale: si può cominciare. Il torneo procede regolarmente su sgangherati campi di periferia, pieni di buche e di ciottoli. Di erba neanche a parlarne. Alle partite, combattutissime, assiste sempre tanta gente. Sono tutti viareggini, è vero, ma il senso di appartenenza al proprio rione, a quei tempi, è ancora molto forte. Il tifo è caldo e appassionato e, talora – come accade un po’ dovunque –, trascende.
Dalle fasi eliminatorie emergono due formazioni: i bianconeri del Bar Fattore, che alla fine hanno la meglio sulla Libertas e il Fervet, e gli azzurri del Bar Lencioni, che vincono la concorrenza degli allievi del Viareggio e dei ragazzi di Torre del Lago.
È sabato 28 febbraio 1948. A ospitare la finale è nientemeno lo Stadio dei Pini, dove la domenica il Viareggio – quello dei grandi – cerca disperatamente di giocarsi la permanenza in serie B (per la cronaca non ci riuscirà). Un campo vero, con l’erba e le tribune in legno, rimesse in piedi alla bell’e meglio alla fine della guerra. Quale più affascinante scenario per l’epilogo di un torneo cittadino? Basta poco, a giocatori, dirigenti e tifosi, per sentirsi dentro un tipico stadio londinese.
È il primo pomeriggio quando, agli ordini del signor Cappelli di Viareggio, le due squadre scendono in campo. Il Bar Fattore schiera Malfatti, Lazzerini, Bonuccelli, Franceschi, Ghiselli, Dinelli II, Dinelli I, Santini, Stefanini, Lucignani, Sciacqua. Il Bar Lencioni risponde con Bonuccelli, Fiorini, Michelotti, Di Beo, Gianni, Pardini, Lencioni, Benetti, Greco, Bacci, Cupisti.
La finale non ha storia. In vantaggio già dopo cinque minuti con un gol dell’ala sinistra Cupisti, il Bar Lencioni fa valere per tutto il match il suo superiore tasso tecnico. Intorno alla metà della ripresa, infatti, gli azzurri – espressione del rione Quattro Venti – vanno a segno altre due volte con l’ala destra Lencioni (forse un parente dei proprietari del bar, forse un omonimo, chissà) e la mezzala Benetti. I bianconeri, per bocca del loro allenatore Mauro Santini, amico di Torquato Bresciani e lui stesso cofondatore della CGC, riconoscono sportivamente la supremazia dell’avversario.
Un’impresa impossibile
La Coppa Carnevale è finita e il bilancio è più che lusinghiero, tanto che si pensa di replicarla anche l’anno successivo. Ma il successo dell’iniziativa, inaspettatamente, valica i confini della città e arriva – non si sa come – all’orecchio dei dirigenti della squadra svizzera del Bellinzona, che da tempo si sono mesi in testa di far fare esperienza internazionale alle loro promesse. Così prendono carta e penna e scrivono una lettera al CGC, chiedendo di partecipare all’edizione del 1949.
La richiesta ha l’effetto di un cataclisma. Al bar Trieste non si parla d’altro. Tra una china, un ponce caldo e un caffè corretto, idee e propositi di grandezza si moltiplicano. I vertici del CGC non solo non frenano la discussione, ma le corrono dietro, la coltivano, intravedendo sviluppi e prospettive che si fanno sempre più interessanti. «A questo punto» si chiedono «non sarebbe meglio valorizzare i giovani calciatori non solo di Viareggio, non solo di tutt’Italia, ma anche dei paesi stranieri?».
Ecco, è fatta. Dalla proposta alla decisione di organizzare per l’anno dopo una competizione internazionale non passa molto tempo. D’altra parte Bresciani, Santini e soci non sono certo tipi da stare con le mani in mano. Visionari, forse. Pionieri, di sicuro. Ma anche concreti e lungimiranti come pochi.
In città l’idea di un torneo simile è accolta con entusiasmo. Il problema, tuttavia, è sempre il solito: dove trovare i soldi. La copertura economica per una manifestazione del genere, infatti, è un’impresa da far tremare i polsi. Ma non per Bresciani che, rimboccatesi le maniche, nei mesi successivi batte tutta la Versilia in lungo e in largo. È bravo, il signor Torquato. In poco tempo trova sponsor, stipula convenzioni con ristoranti e alberghi, strappa facilitazioni e sconti per l’uso degli impianti sportivi. Risultati non facili, se si pensa che, come l’anno prima, il torneo si disputerà nel periodo – già ricco di appuntamenti e di prenotazioni – di Carnevale.
Nel frattempo Bresciani spedisce inviti a raffica, in Italia e all’estero, destinati alle migliori squadre giovanili under 21 in circolazione. Le corteggia, le lusinga, le affascina magnificando, come un abile imbonitore, un prodotto che è ancora tutto da realizzare. Alla fine nove società accettano la sfida. Tre le straniere: il Bellinzona, naturalmente, e le francesi Nizza e Mentone. Sei, invece, le italiane: Fiorentina, Lazio, Lucchese, Milan, Livorno e Sampdoria, a cui si aggiungerà lo stesso CGC col nome istituzionale di Viareggio.
Resta solo da superare l’ultimo, temibile ostacolo: la Federazione. A Roma, infatti, non sono del tutto convinti che una società così piccola possa – e, forse, debba – organizzare un’iniziativa del genere. L’abilità di Bresciani, però, si fa valere anche su questo fronte: alla fine, il presidente riesce a strappare alla FIGC il patentino di ufficialità per la sua manifestazione.
La prima edizione
Il 24 febbraio 1949 è martedì ed è, ovviamente, Carnevale. A Viareggio, che ha già quasi ritrovato il suo antico splendore, tutto è pronto: il primo grande Torneo Internazionale riservato al calcio giovanile può finalmente cominciare. A dar via alle danze è proprio la rappresentativa di casa, per l’occasione affidata alla sapienza pallonara di Antonio Giordani, autentico pioniere del calcio locale e – egli stesso – socio fondatore del CGC.
Tra il tripudio generale i giovani viareggini, che vestono un’inedita casacca bianca con una “V” nera, rifilano quattro reti al Livorno, anche se poi, il giorno dopo, devono arrendersi nei quarti di finale contro la fortissima Lazio. I capitolini, campioni italiani juniores in carica, approdano così in finale, dopo aver regolato di misura la Sampdoria. A sfidarli sarà il Milan, che nei turni eliminatori ha passeggiato contro il Nizza e il Bellinzona.
L’incontro decisivo è in programma sabato 28 febbraio, alle 14. Naturalmente allo Stadio dei Pini. Pronti, via. Passa un solo minuto e i giovani milanisti sono già in vantaggio. La squadra lombarda, in effetti, mette in campo un tasso tecnico e atletico di gran lunga superiore agli avversari. I laziali non entrano mai in partita e alla fine vengono travolti per 5-1. Il primo Torneo di Viareggio si colora di rossonero.
La sera, in un locale cittadino, va in scena l’ultimo atto con la «premiazione, brevi discorsi di rito, scambi di cortesie tra organizzatori e protagonisti, in un ambiente pieno di serenità e di civiltà sportiva». Così scrive il giorno dopo sulla Gazzetta Fulvio Bernardini, ex gloria della Nazionale italiana e giornalista a tempo perso. Al grande Fuffo – che già allora vedeva lontano – quella vetrina riservata ai giovani calciatori è proprio piaciuta, e non lo nasconde. Nello stesso articolo, infatti, auspica che il Torneo diventi un appuntamento fisso, suggerendo alcune modifiche e migliorie, come l’abbassamento ulteriore dell’età dei partecipanti. Inviti che Bresciani accoglierà in toto.
Ci piace infatti pensare che la sera della premiazione, mentre in un clima di carnevalesca baldoria i dirigenti del CGC assaporavano la giusta soddisfazione per la scommessa vinta, la mente del signor Torquato fosse già proiettata all’edizione successiva, e poi a quella dopo, e a quella dopo ancora. Da disputarsi rigorosamente – è il caso di dirlo? – a Carnevale.
Perché qui, più che da altre parti, quell’antica festa dal sapore pagano è una seconda pelle, un modo di essere e di pensare. È un qualcosa a cui aggrapparsi quando s’imbocca un tunnel senza uscita. Ma non solo.
Carnevale, si sa, è anche gioia e spensieratezza, le stesse che devono aver provato quei bambini che, alla fine della guerra, si misero a inseguire una palla fatta di miseri stracci sulle spiagge finalmente libere di Viareggio.
Marco Della Croce
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Non conoscevo la storia del Torneo. Grazie per questa bella (e ben scritta) pagina di storia dello sport
bella la storia del Viareggio. Chiedo se esistono dei libri cartacei (o e-book) con la storia completa.
Grazie e complimenti per il sito
marco lobasso
Ciao Marco. So per certo che nel 2008 o 2009 il CGC di Viareggio ha editato una pubblicazione per il sessantennale del Torneo. Io non so se è andata esaurita o è ancora in commercio. Né, purtroppo, ti so dire l’editore (che comunque è uno della zona). Credo però che tu possa scrivere direttamente a loro (info@torneoviareggio.it) e vedere se hanno ancora delle copie. Grazie per i complimenti.
MDC