Donald Campbell
L’irresistibile fascino della velocità
Siamo nel bel mezzo del 1960 quando un bolide gigantesco e affascinante arriva a Wendover, un piccolo villaggio nello Stato americano dell’Utah. Da queste parti non è la prima volta che la popolazione locale assiste a imprese (o almeno a tentativi di imprese) di macchine stranissime che corrono pazzamente per battere il record mondiale di velocità. Stavolta il protagonista è un autentico asso di tutti i mezzi motoristici esistenti, il britannico nonché figlio d’arte Donald Campbell.
Suo padre Malcom, infatti, è stato il primo uomo ad aver guidato a oltre quattrocento chilometri orari. Ripercorrere e magari migliorare i record del padre è un chiodo fisso per Donald, che in un certo senso prova anche un pizzico di invidia verso il genitore: Malcom, vissuto in un’epoca eroica, è stato capace di battere nove volte il record di velocità terrestre e tre quello su acqua.
Donald ha intenzione di superarlo e per riuscirci ha calcolato tutto: vuole dominare la guida, renderla perfetta grazie alla potenza del bolide unita a una poderosa organizzazione dell’impresa. Eppure, sembra strano a dirlo, Campbell fino a questo momento è quasi un novizio per quanto riguarda le macchine da corsa.
La sua popolarità l’ha conquistata sull’acqua: dopo vari tentativi a vuoto il 23 luglio 1955, con un’imbarcazione a reazione progettata dai fratelli Ken e Louis Norris, è riuscito a volare fino ai 325 Km/h conquistando il nuovo record mondiale. Ora il sogno è quello di bissare quel trionfo a Ullswater.
L’incidente del “Bluebird”
Torniamo quindi a Wendover e al bolide che Donald Campbell tira fuori dal cilindro: si chiama Bluebird (Uccello Azzurro, dal nome delle prime macchine del padre); è lungo nove metri, alto un metro e mezzo, pesante tre tonnellate e mezza. Un vero mostro affusolato, con il muso che ricorda uno squalo e quattro gobbe ai lati, in corrispondenza delle ruote che si intravedono appena. L’innovazione da lui voluta e pianificata è quella di un mezzo saettante: il bolide è mosso da una turbina d’aereo, non ancora una propulsione a reazione, cosa vietata dal regolamento internazionale. Con un’originale modifica, l’energia ordinata dal flusso di gas dalla turbina deve essere trasmessa simultaneamente alle quattro ruote.
La progettazione, la costruzione e la messa a punto del Bluebird sono costati cinque anni di studio e di lavori, oltre ad una spesa di circa un miliardo e mezzo delle nostre vecchie lire. Donald (che – è bene ricordarlo – ha anche più volte ritoccato il suo record sull’acqua portandolo a 418,980 km/h) ha dalla sua parte il tifo di tutta la Gran Bretagna, che del resto domina da anni il campo della velocità terrestre. Anche il record da battere è di un suddito di Sua Maestà; parliamo dello stesso John Cobb inabissatosi nel lago di Loch Ness: 634,590 km/h!
La pista sulla distesa salata di Wendover, dove Donald si è preparato a dovere, è lunga circa 17 km. Perché il record venga omologato, c’è la necessità che il miglio lanciato sia coperto due volte in senso contrario, nello spazio di un’ora. Dopo qualche esperimento, il Bluebird scende ufficialmente in pista la mattina del 16 dicembre. Campbell scatta subito velocissimo e raggiunge i 480 Km/h. E’ un risultato incoraggiante, come prima prova, e basta per autorizzare un’accelerazione nella prova successiva.
Alle 7,10 Donald è di nuovo nell’abitacolo e il suo bolide dopo pochi secondi sta per raggiungere i 590 km/h. All’improvviso, per ragioni ancora oggi ignote, la macchina esce di pista e si rovescia su un lato. Come un’ala di un aeroplano, si offre al vento con la sua intera lunghezza, si stacca dal terreno e si contorce più volte nell’aria. Il Bluebird rimbalza sei volte sulla pancia e si ferma, per fortuna senza capottare, nella direzione inversa rispetto a quella dalla quale era venuto, dopo aver perso due ruote. I soccorritori trovano Donald con la testa dondolante, il casco deformato e con del sangue nella tuta. Ma vivo.
In ospedale riscontrano uno stato di shock e dei problemi all’orecchio, oltre ad una frattura della base cranica. Per i medici è un mezzo miracolo averlo ancora in vita. In pochi mesi Donald si riprende piuttosto bene, soprattutto dal punto di vista fisico. I problemi maggiori sono quelli mentali, visto che i postumi dell’incidente gli procurano improvvise e violente crisi di nervi che lo colpiscono senza motivo apparente. Ma quando torna in forma, il suo pensiero è uno solo: ricominciare.
L’incredibile record
Bisogna costruire un altro Bluebird. Il nuovo modello è molto simile al precedente, con alcuni accorgimenti in più per migliorare la sicurezza. Donald è attento e scrupoloso su ogni particolare, ma il destino lo fa scontrare nuovamente con molte delusioni. Il tentativo del 1963 in Australia meridionale, precisamente nei pressi del lago salato Lake Eyre, fallisce a causa delle piogge che limitano la velocità del bolide. Ci riprova con impeto nell’estate del 1964, in condizioni meteo finalmente favorevoli, ma nonostante una performance di grande livello Campbell deve inghiottire una sonora sconfitta.
Nel tratto di andata riesce ad arrivare a 625 Km/h, soltanto otto chilometri al di sotto del primato di Cobb. Una disdetta, ma per il nostro eroe questo scarto ormai non elevatissimo rappresenta la consapevolezza di essere vicino alla meta, vicino alla storia. Oramai né i postumi dell’incidente, anche se avverte ancora dolori alla nuca, né il pericolo di oltrepassare limiti troppo grandi per un uomo possono deviare quello che è a tutti gli effetti lo scopo della sua vita: superare il record. Non bada neanche alla scaramanzia, visto che per un nuovo tentativo sceglie venerdì 17 luglio, una data che farebbe desistere molti.
Donald decide di partire di buon mattino. Motore al centodieci per cento di potenza e subito uno scatto bruciante; al primo passaggio, 648,400 Km/h: superlativo, anche se c’è da ricordare che il record va misurato sulla media dei due passaggi. Ecco allora che il Bluebird al quinto chilometro della seconda prova sembra annientare e disintegrare la pista sotto il suo peso vibrando come un tuono. Donald non toglie il piede dall’acceleratore e conclude la sua prova. Neanche lui è sicuro di avercela fatta; anzi, è convinto del contrario. Invece arriva l’annuncio: 648,400 Km/h anche in questa prova. Il record di Cobb è battuto, una folla festante porta in trionfo Campbell.
La sua gioia è contagiosa, tutto il suo staff condivide con lui giorni di gloria e baldoria. La sua vita scorre veloce come i suoi record. Il 31 dicembre di quello stesso anno Donald Campbell incamera un altro tassello della sua leggenda. Sulla barca denominata Bluebird VII e nel lago di Dembleyung, nell’Australia occidentale, migliora il suo primato di velocità sull’acqua portandolo alla media oraria di 444,615 Km/h. Alla fine dell’impresa, la moglie di Donald, Tonia, si getta in acqua per raggiungerlo a nuoto e festeggiarlo.
Solo tre anni dopo, Tonia osserva tranquilla il Bluebird VII di Donald lanciarsi per un altro record; dopo pochi minuti l’imbarcazione s’impenna di colpo, ricade di prua sulla superficie dell’acqua ed esplode in una gran schiuma. I soccorritori e i sommozzatori intervengono con tempismo ma riescono a raccogliere soltanto il casco, le scarpe, la maschera per l’ossigeno e un fazzoletto da collo. Tutto quello che resta di Donald Campbell. Aveva quarantasei anni.
Lucio Iaccarino
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