Fusar Poli – Margaglio
L’ “occhiata”
Per un lungo momento, il ghiaccio era diventato terra. Suolo ardente e sabbia. Per un attimo durato 30 secondi, il Palavela era diventato un’immensa prateria dove due cowboy d’eccezione che si stimavano a vicenda, amici diventati nemici, si fronteggiavano pronti al duello. Mancava solo il colpo di pistola, che avrebbe rimbombato come un «L’hai fatto ancora». Mai nella storia dello sport è stato scritto così tanto su uno sguardo. Ma in quell’arena c’erano due gladiatori, ed era chiaro che uno si stava mangiando l’altro. Con gli occhi. Una donna furente, dotata di uno spaventoso autocontrollo, minacciava il partner indifeso che per un errore tutto umano l’aveva trascinata a terra con brillantini e falpalà. A cinque secondi dalla fine di un esercizio che doveva portare all’oro olimpico. In casa propria.
Quel che accadde ai Giochi di Torino del 2006 durante il programma originale del pattinaggio di figura tra Barbara Fusar Poli e Maurizio Margaglio è epica, un’epica martellata dall’eco della frase non pronunciata: «L’hai fatto ancora». I due erano la coppia più attesa delle Olimpiadi invernali, all’inseguimento della gara perfetta. E si erano avvicinati alla perfezione, con un programma latino che li aveva visti districarsi col sorriso sulle lame. Fino a quei cinque secondi dalla fine, quando, dopo una difficile diagonale, Maurizio sbaglia l’ultimo sollevamento, il più facile. E finisce la musica. Errore irreparabile. Barbara guarda da un lato, poi dall’altro, poi lo guarda. È l’“occhiata”. Mezzo minuto da gladiatori nell’arena, dove è chiaro che Barbara si sta mangiando Maurizio, che ha una tuta col petto aperto quasi a dire «colpiscimi», dove tra le iridi spalancate di stupore e recriminazione passano tutti i momenti principali non di una vita ma di due vite, unite sul fil di lama dei pattini in un equilibrio precario, indissolubilmente in sincrono sia nella buona che nella cattiva sorte.
La prima medaglia azzurra
Barbara Fusar Poli e Maurizio Margaglio sono la storia del pattinaggio italiano. La storia felice e infelice, elettrizzante e disperata, scontata ed eccezionale del pattinaggio italiano. Entrambi si avvicinano ai palazzetti del ghiaccio un po’ per caso: Barbara accompagna un’amica e rimane folgorata, Maurizio vi approda tramite un corso della scuola elementare. Cominciano ad allenarsi insieme nella primavera del 1994.
La prima Olimpiade è Nagano 1998, dove non hanno velleità di vincere. Il successo più bello è ai Mondiali di Vancouver del 2001. Sono loro che piantano la prima bandiera italiana nella disciplina, vincendo proprio in Canada dove il pattinaggio è uno sport nazionale. Nelle interviste entrambi ricordano la profonda soddisfazione, i campioni uscenti, i francesi Marina Anissina e Gwendal Peizerat, che pattinano come non mai e ne sono consapevoli e lanciano cenni di sfida agli italiani, certi di non poter essere superati. La coppia Fusar Poli-Margaglio dà il meglio di sé, i giudici per una questione di decimi di punto li preferisce. Sono i primi, i francesi rimangono al secondo posto, i canadesi Shae-Lynn Bourne e Victor Kraatz rimangono fuori, al quarto, mentre il terzo va a Irina Lobacheva e Ilia Averbukh che riportano la Russia sul podio. La decisione dei giudici è contestata, ma il tricolore sale sull’asta, Barbara e Maurizio sorridono e si fermano a tutti i microfoni. Comincia un periodo d’oro, neanche avessero i pattini di re Mida. Un segno inconfondibile sul ghiaccio: diventano la coppia da battere: il loro punteggio è 6.0 5.9, primi in tutte le competizioni. Guadagnano nove titoli nazionali dal 1995 al 2006, un oro e un argento ai campionati mondiali di pattinaggio di figura, un oro e due argento ai campionati europei, un bronzo alle Olimpiadi di Salt Lake City del 2002. Un bronzo che era atteso come un oro. Ma Maurizio è caduto.
Avevano dichiarato più volte prima delle gare «siamo qui per vincere» e non volevano qualcosa che fosse meno dell’oro. Un programma agguerrito, basato su musiche americane, tanto sudore dietro all’arrivo negli Stati Uniti.
A metà esercizio del programma finale, Maurizio, semplicemente, cade. La coppia azzurra si rimette in piedi e continua a pattinare come se nulla fosse con precisione e tecnica, ma la scivolata è netta, non mascherabile, una macchia sulle note di Gloria Gaynor, I will survive. Mentre aspetta il punteggio dei giudici, Barbara crolla a piangere. Ha visto sfumare il podio che era venuta a conquistare.
Invece saranno i canadesi a regalarle il sogno. Shae-Lynn Bourne e Victor Kraatz dovrebbero finire l’esercizio per terra ma franano letteralmente l’uno sull’altro e i giudici stavolta non sono generosi. La coppia azzurra guadagna la prima medaglia olimpica italiana nella danza su ghiaccio.
«L’hai fatto ancora»
Barbara e Maurizio non ce la fanno, staccano, si allenano tre anni da soli. Separatamente. In silenzio. Come due amanti che non riescono a vedersi, a sopportarsi, a reggere il peso di una frattura troppo grande che nemmeno la medaglia olimpica ha potuto ricucire. Barbara dà alla luce una bambina nel 2004, si prende una pausa. Poi il tandem Fusar Poli-Margaglio decide di riprovare. Di tornare alle Olimpiadi. Di tornarci insieme per scrivere un altro finale. Saltano gli Europei di Lione apposta per allenarsi. Forti di un pubblico italiano, rinvigoriti dall’aria di casa, dalla sete di riscatto, Barbara e Maurizio si offrono a Torino in tutta la loro professionalità. Dopo il programma obbligatorio, in cui scelgono un valzer, sono in testa. Per il programma originale puntano sul latino. E ancora, Maurizio cade. Ci sono coppie che attribuiscono all’eccessiva pressione delle gare i loro capitomboli. O coppie che danno la colpa ai cambi dei sistemi di giudizio che richiedono più elementi da inserire nei programmi. Barbara Fusar Poli sul ghiaccio del Palavela con la sua “occhiata” accusa soltanto Maurizio Margaglio. Non riesce nemmeno a stargli vicino mentre attende che venga comunicato il punteggio sul tabellone.
Non c’è miracolo che possa ripescare gli italiani dalla scivolata al settimo posto. Si presentano per il programma libero in versione favola, danzando sulle note del Principe d’Egitto. Lei determinata, lui obbediente, quando stanno per entrare Barbara gli stringe la mano. Un segno pubblico di pace. L’esibizione è impeccabile. Lontano dai primi posti, Fusar Poli e Margaglio terminano l’Olimpiade torinese parlandosi. Nella loro carriera hanno rotto l’incantesimo di 105 anni di Mondiale senza un italiano sul podio nel pattinaggio artistico, non potevano lasciarsi sconfiggere da una caduta ripetuta. Dopo Torino 2006 hanno partecipato a Galà sul ghiaccio, allenato, commentato in televisione competizioni di danza su ghiaccio. Ma l’epica della loro storia, la gioia della loro prima vittoria e il fuoco bruciante della loro sconfitta è ancora vivido negli occhi di appassionati e non, acceso e nitido sotto la categoria “attimi più emozionanti di certe vittorie iridate”.
Melania Sebastiani
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